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SVIZZERACondannato per uxoricidio, resta in carcere in attesa del processo d'appello

07.01.23 - 11:27
Il Tribunale federale ha confermato la decisione della giustizia ginevrina, che aveva respinto l'istanza di scarcerazione del 72enne
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Fonte ats
Condannato per uxoricidio, resta in carcere in attesa del processo d'appello
Il Tribunale federale ha confermato la decisione della giustizia ginevrina, che aveva respinto l'istanza di scarcerazione del 72enne

LOSANNA - Rimane in cella il facoltoso uomo d'affari solettese che nel maggio scorso, quando aveva 72 anni, era stato condannato in prima istanza a Ginevra a 13 anni di reclusione per aver ucciso la moglie. Lo ha deciso il Tribunale federale (TF), chiamato in causa da un'istanza di scarcerazione respinta dalla giustizia cantonale, ha indicato un legale confermando una notizia pubblicata oggi dalla Tribune de Genève.

La vicenda - riferisce il quotidiano - è particolare in quanto l'anziano, che dispone di notevoli mezzi finanziari, aveva proposto di sottostare a una serie di vincoli in cambio della sua liberazione, in vista del processo d'appello in programma il 27 febbraio. Proponeva una cauzione di oltre 5 milioni di franchi, il congelamento di tutti i suoi beni e l'uso di un braccialetto elettronico, ma non solo: l'uomo si era detto anche disposto a pagare di tasca propria guardie di sicurezza che lo avrebbero sorvegliato 24 ore su 24 in un appartamento.

Ma secondo le argomentazioni dei giudici ginevrini, confermate dal TF, non si può escludere il rischio di fuga. «Non è inconcepibile che, data la configurazione dei luoghi, il ricorrente possa eludere la vigilanza delle guardie di sicurezza», avevano scritto nella loro decisione. «Data la vicinanza al confine» della residenza proposta, «le guardie di sicurezza e/o la polizia non potrebbero intervenire in tempo per impedirgli di lasciare il paese».

Secondo la magistratura ginevrina l'anziano è responsabile della morte della moglie, deceduta nel 2016 a 66 anni: avrebbe infatti soffocato la consorte con un cuscino. Ne sarebbero la prova una piuma ritrovata nei bronchi della vittima e segni di violenza sulle braccia. Il condannato ha invece sempre sostenuto che il decesso è avvenuto per cause naturali.

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