Lavoro, siamo sempre più diffidenti: «Ogni mossa è monitorata»

Lo conferma uno studio statunitense. Le testimonianze: «Se mi assumono, come mai non si fidano di me?»
Lo conferma uno studio statunitense. Le testimonianze: «Se mi assumono, come mai non si fidano di me?»
BERNA - Il rapporto tra lavoratori e superiori continua a deteriorarsi, sia negli Stati Uniti – dove è stata pubblicata la nuova edizione dei Glassdoor Worklife Trends – sia in Svizzera, dove molte dinamiche si manifestano ormai con la stessa intensità. Cresce il sospetto, cala il dialogo e, in un mercato del lavoro segnato da incertezza, i dipendenti mettono sempre più in discussione le capacità dei propri capi.
Le testimonianze raccolte da 20 Minuten descrivono un clima in cui la fiducia sembra ridursi giorno dopo giorno. Un artigiano racconta che ogni sua mossa viene monitorata: tablet per verificare gli spostamenti, GPS sui veicoli e richiami immediati per chi prende un caffè senza fermare la timbratrice. Anche Tom, impiegato d’ufficio, denuncia un approccio gestionale incentrato sul sospetto: a suo avviso le responsabilità non si fermano ai capi diretti, ma risalgono ai livelli manageriali più alti, dove la leadership viene spesso sostituita con controllo e sorveglianza. L’impressione è che tutti i dipendenti siano trattati come potenziali approfittatori. «Se sono stato assunto come specialista, perché non si fidano di me?», si chiede.
Alla mancanza di fiducia si aggiungono dubbi sulla competenza dei capi. Un dipendente di una grande cassa malati sostiene che il proprio responsabile «non sa nemmeno di cosa mi occupo» e si limita a giudicare sulla base delle statistiche. Un altro lavoratore riferisce di essere stato «dimenticato» dal budget per l’anno successivo: episodi che alimentano la percezione che molti superiori guardino più agli interessi personali che a quelli del team. «Se poi scopri che il tuo capo mente, diventa difficile accettarne le decisioni», osserva una lettrice.
Non mancano, tuttavia, testimonianze dalla prospettiva opposta. Una lettrice, arrivata in Svizzera come specialista altamente qualificata e presto promossa a un ruolo dirigenziale, racconta di essere stata spesso osteggiata dal proprio team: smorfie, silenzi, mancanza di dialogo e un evidente distacco durante le riunioni o gli spostamenti.
Questo crescente distacco è confermato dal Glassdoor Worklife Trends 2026. Dopo il picco di fiducia registrato durante la pandemia, i rapporti si sono raffreddati: oggi i dipendenti descrivono i propri capi come diffidenti, poco comunicativi, distanti e non allineati ai valori aziendali. In un contesto di cambiamenti rapidi, molti temono che la leadership non rappresenti più i propri interessi, alimentando un circolo vizioso di incomprensioni e sospetti.
Parallelamente, il 2025 è stato segnato da continui annunci di licenziamenti anche in Svizzera. Secondo le analisi, questa tendenza proseguirà, ma con una nuova modalità: tagli più frequenti e distribuiti nel tempo, invece di grandi ondate. Sul piano organizzativo, inoltre, il ritorno graduale in ufficio prosegue. Lo smart working rimane, ma sempre più manager insistono sulla presenza fisica, segnando un evidente cambio di rotta rispetto agli anni immediatamente successivi alla pandemia.
Nonostante si parli di intelligenza artificiale quasi ovunque, la sua implementazione nelle aziende resta limitata. Anche nei consigli di amministrazione svizzeri, come riporta la Handelszeitung, l’IA è soltanto tema di discussione e spesso non si traduce in azioni concrete.
Il mercato del lavoro, intanto, attraversa una fase complessa: secondo il direttore del KOF del politecnico di Zurigo, Jan-Egbert Sturm, le opportunità sono poche e i candidati hanno margini ridotti per negoziare condizioni o seguire le proprie preferenze. In molti casi, si accetta ciò che si trova.
Un'eccezione riguarda i giovani professionisti. Negli Stati Uniti – e in parte anche in Svizzera per le aziende americane – gli stipendi di chi ha da zero a quattro anni di esperienza tornano a crescere, invertendo una tendenza che negli ultimi anni aveva visto i salari reali perdere terreno rispetto al costo della vita.




