Marco Degennaro: «4-5 punti in più sarebbero stati alla nostra portata. Presidente tranquillo? Macché...».
SION - A +9 sull'ultimo posto e a +3 sul penultimo – sinonimo di spareggio contro la seconda della Challenge League – il Sion non si può ritenere al riparo da brutte sorprese, quando mancano sei giornate alla fine del campionato. Al Tourbillon, dopo un inizio di stagione molto positivo, la squadra è andata in calando fino al girone retrocessione, dove sarà caccia alla salvezza.
«Da neopromossi, non avendo apportato grandi cambiamenti in estate, l’obiettivo era quello di salvarsi - ci ha detto il direttore generale dei biancorossi Marco Degennaro - Nonostante ciò siamo convinti che 4-5 punti in più sarebbero stati alla nostra portata e oggi saremmo un po' più sereni. Questo è un po' il sentimento comune qui in Vallese, anche se sappiamo che la Super League è un campionato difficile».
A proposito di serenità: come sta vivendo questo momento il focoso presidente Christian Constantin?
«Sereno è una parola grossa associata al presidente. La tranquillità gliela avrebbero data quei 4-5 punti di cui parlavamo in precedenza. Oggi sicuramente un po' di agitazione la avverte...».
Come trovi questa formula del campionato, giunta alla sua seconda edizione?
«Diciamo che non era quella pensata in un primo momento, visto che nei piani iniziali c'erano i playoff. Questo è un surrogato e non convincerà mai appieno sia i detrattori sia i sostenitori della formula iniziale. Alla fine della stagione, ti ritrovi ad aver giocato tre volte contro alcuni avversari e quattro volte contro altri. Questo ha un impatto sia a livello sportivo ma anche economico...».
Quanto incassa il Sion in media per un match casalingo?
«Dipende appunto dall'avversario. Per noi una buona partita, come l'ultima contro il Servette dove c'erano 14'000 spettatori, ci porta a incassare una cifra attorno ai 200'000 franchi complessivi. Non pochi... Affrontando un altro avversario, magari meno appetibile per una piazza come la nostra, la cifra scende».
Come va il tuo lavoro in Vallese?
«Sono davvero contento... Ho un ottimo rapporto con il presidente, con il quale lavoro non solo nel mondo del calcio ma anche in altri ambiti. Portiamo avanti il progetto stadio ma anche altri dossier immobiliari. È tutto molto interessante...».
Che effetto ti fa vedere il "tuo" Bellinzona così sfilacciato e in una grave crisi d'identità?
«È un peccato... C'è la famiglia Bentancur che mette i soldi e per queste persone bisogna sempre avere grande rispetto. Ai miei tempi, quando lavoravo nel club granata, ho sempre faticato a trovare gente che iniettasse del denaro nell'ACB. Fortunatamente, però, qualcuno del posto pronto ad aiutare lo abbiamo sempre trovato. Sarebbe davvero bello se tutte le parti coinvolte – società, dirigenza, istituzioni e pubblico – riuscissero a trovare un equilibrio per il bene del Bellinzona, dove sappiamo che i tifosi hanno un peso importante. Bisogna stemperare i toni, sedendosi a un tavolo con l'obiettivo di riportare pace e serenità a tutti i livelli. So che non è semplice, ma se si vuole bene al Bellinzona è l'unica via da seguire...».
Nella Capitale c'è chi dice meglio una Prima Lega senza Bentancur che una Challenge League con Bentancur...
«Questo è un ragionamento che non sta in piedi. Bisogna tenersi stretta la categoria che permette al Bellinzona di godere di una buona visibilità, la stessa che una Prima Lega non ti può dare».