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Soldi e geopolitica: i Mondiali non sono un gioco

QATAR 2022Soldi e geopolitica: i Mondiali non sono un gioco

27.12.22 - 06:30
Perché il bisht? Perché una festa tanto grande in Argentina? Perché Maradona e il Papa? Perché il panarabismo?
AFP
Soldi e geopolitica: i Mondiali non sono un gioco
Perché il bisht? Perché una festa tanto grande in Argentina? Perché Maradona e il Papa? Perché il panarabismo?
Bisht, Berlusconi e pensieri (sbagliati) al terrorismo: riscatto e politica hanno “segnato” i Mondiali.
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BUENOS AIRES / LUGANO - Milioni di persone in strada, celebrazioni lunghe giorni, isteria di massa e, ovviamente correlati, disordini, problemi e feriti…

L’Argentina, intesa come squadra, ha vinto la Coppa del Mondo. L’Argentina, inteso come Paese, ha perso la testa. 

La festa è concepibile e anche condivisibile: quanto visto, rimbalzato all’infinito sui social media, è andato però oltre il normale carosello. L’esagerazione è divenuta una normalità nella torrida estate sudamericana. 

«La maglietta, la bandiera… gli argentini hanno gioito per la vittoria dei Mondiali ma contemporaneamente si sono riappropriati di alcuni loro simboli - ci ha spiegato Michele Martini, Assistente con dottorato alla Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’USI - Nel trionfo di Messi e compagni in Qatar, il popolo ha visto una forte rappresentazione della sua identità nazionale». 

Non è stata solo una partita?
«Sì certo, ma ha veicolato messaggi potentissimi. Faccio degli esempi. Ci sono dei pattern molto chiari. Berlusconi nel 1994 ha creato il suo partito. Per garantirsi un seguito immediato, per far sì che questo fosse subito riconoscibile, lo ha chiamato Forza Italia e ha messo il tricolore nel logo. Per l’ultima campagna elettorale brasiliana, Bolsonaro ha scelto di puntare sulla casacca verdeoro, facendola diventare tratto distintivo della destra e, dunque, “espropriandola” alla sinistra: era con quella che si riconoscevano i suoi sostenitori. Poi, come sappiamo, ha vinto Lula e subito è partita una campagna social per “ripulire” la maglietta. I vincitori hanno cominciato a dire: “finalmente possiamo indossarla di nuovo con orgoglio”. Immediatamente riconoscibili, convincenti, i simboli sono questi: possono raggiungere e far entusiasmare le masse. Non è un caso se, nel tentativo di ottenere consensi e voti, i leader populisti li usano di continuo. Quando però questi tornano a disposizione di tutti, come è appunto accaduto con la vittoria ai Mondiali, la risposta che se ne ottiene è fortissima».

Altro aspetto curioso della celebrazione riguarda il ruolo di Messi: la Coppa del Mondo sembra l’abbia vinta lui, invece che tutta la squadra.
«Perché, non ci si può far nulla, abbiamo tutti bisogno di un eroe. Quello puro, senza macchia. Oppure quello limitato da origini umili o da un’infanzia difficile ma capace, contando solo sulle sue qualità, di ergersi sopra a tutti, di battere i più forti. Prima di Messi, che ora ha completato l’ascesa, quali erano gli eroi argentini unanimemente riconosciuti?».

Maradona?
«Esatto, l’uomo partito dal nulla e arrivato in cima al mondo, il contestatore, il capopopolo. Lui ma anche il Papa. Per gli argentini Bergoglio è semplicemente un orgoglio». 

Leo ora vale Diego?
«Nell’immaginario collettivo, al momento gli si è sicuramente avvicinato molto. Non so però se, al giorno d’oggi, il suo mito potrà essere coltivato tanto quanto, in passato, si fece con quello di Maradona. I social, un’informazione che non è più controllabile da poche fonti… i tempi sono diversi. Non sono sicuro che alla lunga Leo possa arrivare a essere percepito come Diego. Anche perché, pur non essendo un esperto di calcio l’ho capito, mi pare che non gli siano mai stati riconosciuti quella leadership e quel carattere che non possono mancare all’eroe di turno. Sono in ogni caso curioso di vedere cosa accadrà, perché più un popolo è in difficoltà e più importante è il ruolo dell’eroe. E in Argentina la situazione è estremamente difficile».

Il nostro eroe ha sollevato la Coppa del Mondo indossando un bisht. Le polemiche non sono mancate.
«Quel momento ha un valore simbolico enorme. Quel mantello, del quale fino alla premiazione dopo la finale buona parte dell’Occidente sapeva poco o nulla, è riconoscibilissimo nel mondo arabo».

“Abbiamo vestito un eroe globale con qualcosa di islamico”: in Qatar avevano questo scopo?
«Sì, ma non con un senso di sfida, di rivalsa. Non per associare il calciatore alla religione. Io ci vedo qualcosa di più profondo. Per decenni, quelli della guerra in Iraq, nel mondo c’è stato uno scontro tra civiltà. Unilaterale tra l’altro. Alimentata ad arte dai media, l’islamofobia ha contagiato l’Occidente. Muovendosi tra stereotipi, per tanto tempo tutto quello che era islamico è passato per negativo. È sembrato legato al terrorismo. Non lo era, non è mai stato così. Però sapete quanto può essere difficile togliere un’etichetta, far cambiare un parere alle persone. Quel semplice gesto, in mondovisione, al culmine di un evento ipoteticamente neutrale, ha accelerato una distensione che geopoliticamente potrebbe essere fondamentale in futuro». 

Vedere un’autorità musulmana utilizzare un oggetto della tradizione panarabica per celebrare il vittorioso…
«Esatto, e il tutto accettato a livello globale. Il messaggio che è passato è stato molto importante». 

Il greggio del Golfo, la tensione statunitense ed europea con la Russia…
«Non sono un economista e quindi non ho gli strumenti per analizzare quello che potrà accadere nei prossimi anni. Mi sembra in ogni caso chiaro che, in questo momento storico, molti trovino conveniente un miglioramento dei rapporti tra Occidente e mondo islamico».

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COMMENTI
 

franco1951 1 anno fa su tio
Messi, per arrivare a Maradona deve ancora sniffare e dato che non lo farà mai, non lo raggiungerà..... dai che un po' di ironia non guasta. Non si può scindere l'uomo dal giocatore: i campioni sono modelli, anche di vita, e devono (dovrebbero?) dare l'esempio.

Gigetto 1970 1 anno fa su tio
Fate passare un mesetto e tutti si calmeranno. Lasciate al popolo quel momento di gloria poi la realtà è un'altra.
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