È il tema di "Vai Vai", il nuovo singolo di KimBo feat. Sisma
BELLINZONA - «Sono nel tunnel del San Gottardo, sono in vivavoce dietro a un camion che va a 50 all'ora». Parlare di una canzone che racconta delle vicissitudini dei ticinesi che fanno su e giù dalla Svizzera tedesca o romanda, mentre l'autore è in viaggio per tornare in Ticino? È successo martedì con Sisma, istituzione del rap italofono in Svizzera.
Il brano in questione è "Vai Vai", che lo vede affiancare KimBo, anche lei rapper ticinese che vive Oltralpe.
Quando vi siete incontrati, tu e KimBo?
«L'ho conosciuta al Cypher di Radio Virus a Zurigo. Ci sono rapper da tutta la Svizzera e ho scoperto questa ragazza che rappava in italiano, con un accento chiaramente ticinese. Sono andato a salutarla e ha detto di conoscere sia me che la Linea 23 (la crew di cui fa parte, ndr). Mi ha fatto piacere, visto che ha oltre 10 anni meno di me...».
Com'è nata invece la collaborazione?
«Mi ha ricontattato lei tramite social, proponendomi di conoscerci meglio per poi fare una canzone insieme. Lei si è adattata molto al mio stile, alla mia fattura musicale anni Novanta. Abbiamo scelto questa base tra le varie che mi ha proposto. Il tema, invece, l'abbiamo trovato in un secondo».
Com'è stato il confronto tra di voi, esponenti della nuova e vecchia guardia rap?
«È andata bene. Lei ha un modo molto diverso di lavorare: io scrivo su un foglio e vado in sala d'incisione, lei si filma perché si deve vedere quando rappa!».
Dove nasce l'esigenza di raccontare la vita dei tantissimi ticinesi che fanno la spola tra nord e sud delle Alpi?
«Ti confesso che all'inizio ero un poco scettico, perché ne ho già parlato e riparlato di questo tema. Però siamo riusciti a darle un taglio un po' diverso, puntando l'attenzione sulla famiglia. Si fa avanti e indietro perché in Ticino abbiamo gli affetti».
Che, alla fine, riportano indietro anche chi del Ticino è proprio stanco, giusto?
«Sì, è per questo che spesso non si mollano i contatti anche se si è cambiata vita».
È il tema dei temi per un artista che vive fuori dal Ticino?
«Assolutamente sì! Sento di parlare a nome di tantissimi che vivono queste situazioni. Sia quelli verso la quarantina come me che i giovanissimi. Sono emozioni che uno ha dentro e che possono arrivare a tutti coloro che fanno su e giù per studio, per lavoro o per amore. È una vita particolare: passi tantissimo tempo in treno o in auto, per quelli che ce l'hanno».
Perché canti «Meglio spaesato che disadattato»?
«È una rima molto personale: io sono partito nel 2002 e mi sentivo un pesce fuor d'acqua in Ticino. A quei tempi chi ascoltava e faceva rap era disadattato perché qui non c'era niente per noi. Non c'era un bar che mettesse la musica, non c'era un negozio che vendeva i dischi. Dovevamo fare riferimento a Lucerna, a Zurigo o a Milano. Quindi ho deciso che era meglio essere spaesato - in una città nuova, con una lingua nuova - che disadattato a casa mia».
Succedeva a te, ma può riguardare anche altri?
«Sicuro! Anche se molti, più che disadattati, se ne vanno dal Ticino per una semplice questione di mancanza di facoltà universitarie e di opportunità».
Però il Ticino, in fondo al cuore, c'è sempre...
«Sempre, sempre. Ora sto tornando per lavoro, ma non solo: vado da un cliente poi passo da mia nonna per un caffè e dalla mamma per merenda».