Una buona postazione garantisce fino al 15% in più di acquisti. Negli Usa si comincia a pagare. E in Ticino chi decide cosa e dove?
LUGANO - Chicago, Whole Foods. Gli scaffali e i banchi frigo, d'improvviso, si sono fatti vuoti; sfondo nero là dove, ancora qualche giorno fa, c'erano le confezioni verdi d'insalate. Da quando il giugno scorso è arrivata Amazon, comprando tutti e 473 i negozi della catena, qualcosa sì è cambiato. In peggio, giurano i fornitori, messi alle strette dalle richieste di denaro di un gruppo che ha deciso di adottare nuove strategie. Ufficialmente, «per ridurre i costi e ottimizzare il merchandising».
E così la qualità diventa secondaria - Tradotto: postazioni migliori in vendita; in vendita anche dimostrazioni e degustazioni dei prodotti, una volta decisione a carico e onere dei supermarket. Estremizzazione e deriva di quel che si chiama marketing dello scaffale, secondo cui la scelta di ciò che finisce nel carrello non è affatto solo del cliente, né dipende dalla qualità: ma da altezza e posizione, dai colori che circondano, la luce. Whole Foods-Amazon ha così deciso di trarre profitto; di specularci sopra, secondo chi d'un tratto si trova a dover pagare un balzello per trovarsi "al posto giusto".
Dove e con chi: chi si prende il diritto di decidere? - Non solo la disposizione delle categorie di prodotti lungo il percorso che dall'ingresso porta alle casse; anche essere all'inizio o la fine della corsia conta, comparire in un'isola assieme a pochi altri, a portata di mano oppure troppo in alto. Banalità apparenti che spostano gli sguardi dei consumatori, orientano gli acquisti, incrementano la vendita, narra la teoria. Assodato questo, a chi spetta l'ultima parola? Al supermercato che compra per rivendere o al produttore che vuole piazzare ancor di più se stesso fra i nomi della grade distribuzione?
Multe salate a chi se ne approfitta - Le scuole di pensiero si moltiplicano; le polemiche s'intrecciano. A volte, è semplicemente la legge a stabilire codici di condotta. Fa scuola il Regno Unito, dove in passato diverse sanzioni hanno colpito il malcostume di pretendere corrispettivi in soldi ai fornitori, in cambio di promesse di incrementi nelle vendite stimati fino al 15%. Tesco avrebbe chiesto addirittura 30 sterline per gli scaffali "premium", quelli "ad altezza occhi". La Francia non fa eccezione; indiscrezioni analoghe dall'Italia hanno già fatto a suo tempo chiacchierare.
Il Ticino, quest'oasi felice - Un'anomalia per il Ticino, dove, se è vero com'è vero che la disposizione è importante, l'ultima parola pare spetti alla grande distribuzione. «In Migros Ticino è il dipartimento Visual Merchandising a posizionare i prodotti sugli scaffali, fondamentalmente in base alle esigenze dei nostri clienti – garantisce Luca Corti, responsabile comunicazione e cultura - I prodotti ad alto turnover sono in una posizione migliore, in modo che gli avventori li riescano a reperire più facilmente. Anche le novità sono posizionate in modo da essere ben percepibili. L’importante è che il consumatore riesca a trovare facilmente ciò di cui ha bisogno. Ecco perché i prodotti che vanno a coprire una necessità simile vengono piazzati gli uni vicino agli altri, in specifici reparti o in aree tematiche».
Le linee guida di Coop, dove "sceglie" il cliente - Stesso principio di massima guida Coop: «Diamo molta importanza al fatto che, nell'ottica del cliente, i prodotti devono essere piazzati in modo logico, essere accostati bene e facilmente visibili - spiega Francesca Destefani, portavoce Coop regione Ticino - Inoltre inseriamo spesso al centro degli scaffali gli articoli che sono particolarmente apprezzati».
Manor: «Conta solo la logica di consumo» - Da Manor «i prodotti sono disposti sugli scaffali in modo da rispettare la logica di consumo. Ad esempio, i prodotti più richiesti sono all'altezza degli occhi, i prodotti di gamma base sono solitamente presentati sugli scaffali in basso, i prodotti per la prima colazione sono raggruppati».
La filosofia di Aldi: «Essere semplici per essere efficienti» - A volte è dunque solo una questione di semplicità, che una volta in più accomuna supermarket tradizionali e discount. «Il principio di semplicità fa parte dei valori di Aldi Suisse - riflette il portavoce Angelo Geninazzi - È anche in questo senso che le nostre filiali sono arredate sempre secondo la stessa logica, di modo che l’esperienza di acquisto sia possibilmente efficiente e tale da permettere alla nostra clientela di orientarsi al meglio».
Migros: «Non vendiamo posizionamenti al miglior offerente» - E nel caso in cui la proposta di "pagare per piazzarsi meglio" venga dal fornitore? Qualcosa di simile può capitare ed è anzi capitata, ma la risposta pare univoca. «Migros Ticino si focalizza sulle esigenze dei propri clienti e non sulle richieste di una singola marca, l’azienda decide in maniera autonoma e indipendente» ribadisce Corti, rammentando che «circa l‘80% dell’assortimento è composto da articoli di marca propria. Il posizionamento sullo scaffale è il fulcro del nostro modello di business: non vendiamo posizionamenti al miglior offerente. Ci orientiamo in primis verso la soddisfazione dei bisogni dei nostri clienti».
Le "pressioni" su Coop, ma alla fine «decidiamo noi» - Parlarne, beninteso, si può; ma oltre non si va. «I produttori ci esprimono in parte le loro richieste riguardo a dove vorrebbero sistemare i prodotti - riconosce Destefani - Tali desideri sono presi in considerazione da noi secondo le possibilità. La decisione sul posto assegnato alla merce nel punto vendita spetta in definitiva a noi».
Qui i marchi restano fuori dai piani - Perché, in fondo, se non un'arte, quella del marketing degli scaffali è una scienza, con le sue regole stabilite, corrette e rinnovate via via da studi ponderati sul comportamento umano. Per questo i negozi si affidano a «un team space management incaricato di realizzare i piani di disposizione dei prodotti - conclude Manor - I piani sono quindi elaborati su iniziativa di Manor e non dei fornitori. Non è possibile per un marchio pagare per approfittare di un miglior posizionamento dei suoi prodotti sugli scaffali».
Discutiamone, ma tutto poi finisce lì - Non è questione di buone relazioni di compravendita, ma di onestà e correttezza verso la gente. Anche se poi, ammette Aldi Suisse, «sulla base dei rapporti partenariali con i nostri fornitori e sulla base di relazioni aziendali spesso di lunga data non escludiamo di principio di discutere attivamente con i nostri fornitori in merito alla tematica della disposizione dei prodotti, che viene però definita internamente e in modo centralizzato».