I cardinali con diritto di voto sono al momento 135. Tra i favoriti Pietro Parolin, Matteo Zuppi, Pierbattista Pizzaballa e Peter Erdo
CITTÀ DEL VATICANO - L'arrivo a Roma dei cardinali elettori, la messa nella basilica di San Pietro prima dell'ingresso nella cappella Sistina e l'"extra omnes" che dà ufficialmente il via alle elezioni. Il conclave, la cui etimologia è ovviamente latina - da 'cum clave' cioè (chiuso) 'a chiave' - è il rito che da secoli accompagna la 'nascita' dei nuovi Papi, dalle votazioni sotto lo sguardo degli affreschi di Michelangelo fino all'iconica fumata bianca che precede il tradizionale 'habemus papam'.
Prima dell'avvio ufficiale del conclave, i cardinali elettori raggiungono Roma dove trovano sistemazione a casa Santa Marta, lo stesso edificio nel quale aveva deciso di vivere Bergoglio rinunciando all'appartamento papale. Il giorno dell'assemblea raggiungono la basilica di San Pietro per la messa in vista dell'elezione, presieduta dal cardinale decano, in questo caso Giovanni Battista Re. Subito dopo indossano l'abito corale e si avviano in processione verso la cappella Sistina, allestita per accogliere i cardinali con i banchi per elezioni e scrutini e la stufa dove saranno bruciati poi appunti e schede delle votazioni. Il numero massimo di cardinali elettori è stabilito in 120 anche se al momento gli aventi diritto al voto sono 135 e non è escluso, come avvenuto in passato, che possano essere concesse deroghe alla norma. Per tutti è fatto divieto di utilizzare qualsiasi dispositivo o mettersi in contatto con l'esterno.
È solo al termine del giuramento - che si conclude con la frase "extra omnes" (fuori tutti) - che prende il via ufficialmente il conclave, con la chiusura a chiave della porta di accesso alla cappella Sistina e l'avvio delle operazioni di voto. Nel caso in cui le elezioni iniziassero nel pomeriggio del primo giorno si terrà una sola votazione, mentre nei giorni successivi saranno quattro in totale, due la mattina e due il pomeriggio. Una volta scritto il nome sulla scheda sotto la frase 'Eligo in Summum Pontificem', ogni singolo cardinale elettore si avvia verso l'altare con la scheda piegata e ben visibile. La adagia su un piatto d'argento poggiato su un'urna e poi la lascia scivolare all'interno. Una volta conclusa la sessione di voto, i primi due scrutatori aprono e leggono in silenzio il nome scritto sulla scheda, mentre il terzo pronuncia il nome. Le schede vengono forate e legate insieme, per essere poi bruciate all'interno della stufa. Nel caso di mancata elezione verrà aggiunta una miscela che colorerà il fumo di nero. In caso contrario, invece, il decano si rivolge al candidato eletto per chiedergli se accetta o meno l'incarico e quale sarà il nome scelto. Solo allora verranno bruciate le schede aggiungendo il colorante bianco che annuncerà dal comignolo della cappella Sistina l'elezione del nuovo Papa.
Solo al termine si procede alla vestizione nella cosiddetta 'stanza delle lacrime' nella sagrestia della cappella Sistina. Toccherà poi al cardinale protodiacono dare l'annuncio dell'elezione dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, dalla quale successivamente si affaccerà il nuovo Papa per la benedizione Urbi et Orbi.
Chi dopo Francesco? La geografia della successione
Sono 135, al momento attuale, i cardinali con diritto di voto e che potranno entrare nel Conclave per scegliere il nuovo Papa: in bilico c'è solo la posizione del cardinale spagnolo Carlos Osoro Sierra, che compirà gli 80 anni il prossimo 16 maggio. E già da tempo circolano i nomi dei possibili 'papabili', dal segretario di Stato Pietro Parolin all'arcivescovo di Bologna Matteo M. Zuppi, dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa all'ungherese Peter Erdo, dal francese Jean-Marc Aveline all'olandese Willem J. Eijk, fino al filippino Luis Tagle per rappresentare la Chiesa asiatica o al congolese Fridolin Ambongo Besungu per impersonare l'eventualità africana, o ancora al brasiliano Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus, per i latinoamericani. Una quota, quella di 135 elettori, che supera ampiamente la soglia massima di 120 fissata dalla costituzione apostolica Romano Pontifici Eligendo di Paolo VI (1° ottobre 1975), e confermata dalla Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo II (22 febbraio 1996); tuttavia, sia lo stesso Wojtyla sia i suoi successori hanno spesso derogato alla norma.
(di Fausto Gasparroni, Ansa)