Un filosofo e una leggenda del rock, per un ponte tra scienza e arte

Gianni Maroccolo ci ha parlato di "Nomadic - Canto per la Biodiversità", spettacolo che va in scena domenica a Lugano, ma anche di Litfiba e di una certa foto dei C.S.I.
Gianni Maroccolo ci ha parlato di "Nomadic - Canto per la Biodiversità", spettacolo che va in scena domenica a Lugano, ma anche di Litfiba e di una certa foto dei C.S.I.
LUGANO - Domenica 9 novembre il Palazzo dei Congressi di Lugano ospita alle 18 "Nomadic - Canto per la Biodiversità", spettacolo dal vivo che unisce scienza e arti, musica e poesia e che è stato scelto da IBSA Foundation per raccontare il tema universale delle migrazioni e riflettere sul futuro con una nuova prospettiva.
I protagonisti di questo progetto sono Telmo Pievani, filosofo della scienza, e Gianni Maroccolo, autentico monumento della musica indipendente italiana. Bassista e fondatore dei Litfiba, ha poi militato in formazioni come CCCP, C.S.I., PGR - Per Grazia Ricevuta e Deproducers. È stato lui a descriverci le caratteristiche di questo lavoro che, partendo da brani già esistenti – cuciti insieme con abilità magistrale da Maroccolo – mette a confronto le migrazioni animali e quelle umane, in un modo alternativo (e molto poetico) di comunicare tematiche scientifiche preziose.
Un'affermazione come "Tutti i popoli della Terra hanno una radice comune", che si trova alla base dello spettacolo, ha una forte valenza politica, nell'attuale contesto politico e sociale.
«Come dire, qualsiasi concetto o pensiero "alto" acquista una valenza politica e "Nomadic" questo valore, al suo interno, ce l'ha di sicuro. Per quanto sia uno spettacolo che parta da valutazioni oggettive, scientifiche e storiche. E non significa schierarsi da una parte o dall'altra: il testo narrativo creato da Telmo (Pievani, ndr) è un invito a incamerare fatti e nozioni scientifiche, che possano condurre a una riflessione. Quando ciò avviene, la riflessione è per forza di cose politica, non solo umanistica».
È un ponte tra arte e scienza: operazione niente affatto scontata, in tempi di "pensieri alternativi" e discredito del pensiero scientifico.
«Mi fa molto piacere che venga compreso, perché questo era nelle nostre intenzioni. Telmo è il primo a dire che oggi il verbo scientifico è sempre più autoreferenziale: sono sempre le stesse persone che si parlano e si leggono tra loro. Il tentativo di questo spettacolo è proprio quello di comunicare, entrare in connessione e condividere pensieri sul nostro pianeta con persone che sono all'oscuro di tutto questo».
Lei ha detto spesso di vedere "Nomadic" come un viaggio.
«Narra la storia dell'umanità e lo fa attraverso le migrazioni, sia quelle umane che quelle animali. Per farlo abbiamo pensato a un linguaggio nel quale ci fossero vari ingredienti: l'arte, la musica, la narrazione, la poesia. Qualcosa che si avvicini a uno spettacolo teatrale vero e proprio e che sia immersivo, per noi che lo facciamo così come per chi ascolta. Alla fine quello che si dovrebbe creare è il desiderio di riflessione, partendo però da un fattore emozionale e non razionale. Questa è la nostra scommessa e, a giudicare dalle conversazioni con il pubblico alla fine degli spettacoli, dovremmo avere colto nel segno».
Sorprende, nell'ascolto su disco, la musicalità degli interventi di Pievani.
«Ho conosciuto Telmo ai tempi dei Deproducers, quando abbiamo fatto uno spettacolo che si chiamava "DNA" che viveva ancora della doppia formula: la musica da una parte, la nozione scientifica dall'altra. Ognuno rimaneva un po' nel suo, finché un giorno mi ha confessato: «Sai, Gianni, io sono cresciuto a pane e C.S.I.». Non me l'aspettavo minimamente, anche perché me l'ha detto dopo cinque o sei repliche. Da allora ci siamo aperti e diventati amici. È stato lui a dirmi di avere questo sogno nel cassetto, che è poi "Nomadic", con questo modo di divulgare che è effettivamente molto musicale. Addirittura sul palco, ogni tanto, si mette a ballare».
Avrebbe mai pensato di condividere un progetto e addirittura il palco con un filosofo della scienza?
«No. Sono grato a Vittorio Cosma, che è stato l'ideatore dei Deproducers, nonché il primo a scommettere sul fatto che si potesse parlare di scienza in maniera poetica. Sono quelle cose che pensi non possano accadere, e mai te lo immagineresti. Invece succedono, perché fondamentalmente c'è un'empatia e probabilmente una visione del mondo simile. Entrambi abbiamo fatto un grosso passo verso l'altro, cercando di proporre qualcosa di mai sperimentato e che non viaggiasse sui binari classici della forma teatrale o della narrazione scientifica. La scommessa, come detto, è stata quella di inventare un linguaggio unico che comprendesse tutto, ma che fosse universalmente comprensibile».
È di qualche giorno fa la conferma della reunion dei Litfiba per il tour dei 40 anni di "17 Re". Cosa rappresenta quell'album nel suo percorso musicale, e in quello della band?
«Ci sono i dischi della vita, e "17 Re" è uno dei miei - insieme a "Epica Etica Etnica Pathos" dei CCCP, "Linea Gotica" con i C.S.I. oppure "vdb23 / nulla è andato perso" con Claudio Rocchi. Sono quegli album che sono arrivati in un momento particolare della mia vita e quindi sono legati anche a un vissuto più intimo e lo sono anche come crocevia artistico, di possibili suggestioni che arrivavano in maniera naturale e dovevano essere colte. "17 Re", in particolare, è la sublimazione della libertà artistica e creativa che avevano i Litfiba in quel periodo. Ha rappresentato il fatto che si potesse fare musica stando al di fuori di quelle che erano le regole e le abitudini dell'epoca. È stato un momento di maturazione per ognuno di noi, anche se allora non ne eravamo consapevoli. Per me è un disco perfetto, come composizione e arrangiamenti. Poi ha dei testi favolosi. Quando è arrivata la proposta di celebrare "17 Re", non ho avuto dubbi e ho detto subito sì».
E poi c'è quella foto che fa sperare i fan in un'altra reunion: quella del Consorzio Suonatori Indipendenti…
«Né Ginevra (Di Marco, ndr) né io e gli altri abbiamo pensato minimamente che quest'immagine potesse scatenare una reazione simile. È stata per certi aspetti meravigliosa, ma probabilmente saremmo stati un pochino più accorti o non l'avremmo pubblicata. Il fatto è che noi del Consorzio non ci siamo mai persi del tutto di vista. Quella foto è stata scattata dopo un pranzo, conseguente al desiderio che avevamo di rivederci. Erano 28 anni che non ci trovavamo tutti quanti intorno a un tavolo ed eravamo strafelici. Vero è che Giovanni (Lindo Ferretti, ndr) qualche giorno prima aveva detto che, in caso di reunion, lui ci sarebbe stato. Non nascondo che si sia parlato dell'ipotesi di ritrovarci anche su un palco, ma non c'è nessuna decisione. Se capita l'occasione giusta, se tutte le cose s'incastrano bene, perché no. Personalmente, continuo a meravigliarmi tutti i giorni per l'affetto e la stima che le persone mi manifestano. Non nascondo che dà orgoglio e un senso alle scelte che ho fatto».
Per informazioni sullo spettacolo cliccare a questo link.







Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.
Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.
Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!