«La Giornata per la Palestina è a rischio censura: intervenga il DECS»

Esprime preoccupazione il SISA in relazione alle attività non accettate dalla direzione di alcuni licei cantonali e sulla questione il Partito comunista interroga il governo
BELLINZONA - La «Giornata per la Palestina» è a rischio censura? Una domanda che si è posto il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) e che, in una nota stampa, esprime «la forte preoccupazione per le dinamiche che stanno emergendo in questi giorni nelle trattative fra comitati studenteschi e direzioni scolastiche», malgrado il sostegno del DECS. Sulla questione si è poi chinato anche il Partito Comunista con un'interrogazione, firmata da Massimiliano Ay e Lea Ferrari, inoltrata al Consiglio di Stato.
Nella nota stampa il SISA parla «di gravi atti di censura e tentativi di sabotaggio nei confronti delle attività proposte dagli studenti e dell’attuazione dell’intera iniziativa» e per questo chiede l'intervento della consigliera di Stato Marina Carobbio.
Secondo quanto riportato: «La giornata si dividerà in una mattinata con attività didattiche sul conflitto israelo-palestinese promosse in modalità autogestita dagli studenti e in un pomeriggio con manifestazione di piazza contro il genocidio del popolo palestinese». Ma al Liceo Cantonale di Bellinzona delle «16 proposte di attività presentate solo 7 sono state accettate dalla Direzione. Fra le 9 attività censurate senza alcuna possibilità di dialogo figurano tutte quelle dell’associazione umanitaria “Future in Peace”. Anche alcune lezioni tenute da sociologi, antropologi, docenti di scienze politiche, docenti liceali e allievi sono state rifiutate d’imperio. Le poche giustificazioni presentate dal direttore esprimono il timore – non suffragato tuttavia da prove – di essere “politicamente esposti” e la volontà di mantenere un “equilibrio all’interno della sede”. Ancora più grave, la direzione avrebbe presunto che i relatori coinvolti non sarebbero stati in grado di esporre e analizzare in maniera rigorosa il genocidio di Gaza e la storia del conflitto israelo-palestinese. Si tratta di un vero e proprio processo alle intenzioni indegno di una democrazia».
A destare ulteriore preoccupazione «c’è inoltre la situazione al Liceo di Mendrisio, dove la Direzione, ignorando il principio di autogestione, ha bellamente scavalcato per intero il corpo studentesco decidendo autonomamente nuovi relatori tutti «politically correct». Anche la situazione verificatasi al CSIA risulta oltremodo disagevole: gli studenti hanno infatti dovuto lanciare una petizione per poter avere una possibilità di incontro». E promettono di ribadire la loro indignazione «alla manifestazione che si terrà nel pomeriggio del 17 novembre (ritrovo alle ore 15:00 alla stazione di Bellinzona): che il DECS intervenga per contrastare il clima ostile e intimidatorio che si respira nel nostro Paese, in particolare nei suoi istituti universitari e scolastici per chi ha il coraggio di schierarsi a favore della causa palestinese».
Dal canto loro Ay e Ferrari pongono tre domande al governo, promettendo di tornare sulla questione non appena saranno assunte nuove informazioni.
Le domande
1. Per quale motivo tutte le attività i cui relatori facevano capo alla ONG umanitaria “Future in Peace” e all’Associazione Svizzera-Palestina sono state escluse? Una testimonianza raccolta fra i vertici della prima ONG affermano che la direzione del Liceo di Locarno abbia espresso addirittura timore che tale associazione possa essere accusata di presunte posizioni “antisemite”. Corrisponde al vero? Se sì, si chiede di fornire le prove; se no si autorizzino le relative attività ritirando, se fosse stata proferita, l’infamante accusa.
2. Al Liceo di Bellinzona è stata abolita l’attività “Palestina e Svizzera: cosa possiamo fare per la pace?” la quale si prefiggeva di fornire “una panoramica sulle mosse diplomatiche a disposizione del Governo svizzero nell’ottica di giocare un ruolo nella diplomazia internazionale in riferimento al genocidio di Gaza, con una riflessione finale su ciò che possono fare i cittadini. Seguirà un momento di discussione”. L’attività sarebbe stata tenuta da un dottorando con incarichi di assistenza all’insegnamento da ben cinque anni presso l’Università di Ginevra: per quale motivo è stato ritenuto inidoneo dal tenere un corso al Liceo di Bellinzona se può farlo in un ateneo svizzero? Chi ha preso questa decisione?
3. Sempre al Liceo di Bellinzona, sotto la responsabilità di una docente di quella sede, è stata proposta un’attività che si prefiggeva l’obiettivo di “proporre una riflessione critica sul ruolo delle istituzioni accademiche nel contesto dell’occupazione israeliana della Palestina”. In particolare si voleva “approfondire la collaborazione tra le università israeliane e il complesso militare-industriale israeliano per lo sviluppo di tecnologie belliche e infrastrutture di sorveglianza per la repressione e la pulizia etnica dei palestinesi, nonché il loro contributo alla produzione di discorsi che legittimano questa repressione”. Corrisponde al vero che l’attività è saltata perché avrebbe indagato il “coinvolgimento delle università svizzere, che mantengono progetti di ricerca con atenei israeliani e la sistematica repressione di ogni forma di solidarietà studentesca con il popolo palestinese da parte delle stesse università”? Non si tratta infatti di opinioni, ma di dati di fatto: numerosi atenei svizzeri hanno questo tipo di collaborazione (alcuni li hanno sospesi) e per un anno il tema è stato oggetto di mobilitazioni imponenti da parte di studenti e professori: per quale motivo al Liceo di Bellinzona non se ne può parlare?




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