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«No alla vassallizzazione della Svizzera»

HelvEthica chiede che gli accordi bilaterali III siano sottoposti a referendum popolare. «In caso di firma perderemmo la nostra unicità democratica»
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«No alla vassallizzazione della Svizzera»
HelvEthica chiede che gli accordi bilaterali III siano sottoposti a referendum popolare. «In caso di firma perderemmo la nostra unicità democratica»

BELLINZONA - HelvEthica Ticino è contraria al nuovo pacchetto di accordi bilaterali III tra Svizzera e UE, che ritiene essere «un trattato di adesione mascherato».

«Non si tratta di semplici accordi tecnici di cooperazione, ma di un trasferimento materiale di competenze che svuota completamente la nostra democrazia diretta», sostiene il movimento, che vede nel pacchetto messo in consultazione una sorta di adesione funzionale al mercato unico europeo.

La Confederazione, si legge ancora, sarebbe vincolata a recepire disposizioni di diritto europeo indipendentemente dalla volontà popolare. Infatti, se una decisione referendaria fosse contraria ai bilaterali, «la Svizzera si troverebbe costretta a scegliere tra violare un trattato vincolante e disattendere la volontà popolare». HelvEthica come precedente cita la votazione sull'immigrazione del 9 febbraio 2014, dove «anche se la sovranità resta formalmente intatta, essa risulta nei fatti fortemente condizionata nei settori coperti dagli accordi bilaterali». In caso di attuazione del nuovo pacchetto, il margine di autodeterminazione sarebbe, scrive, ancor più ridotto.

L'accordo viene giudicato come una «vassallizzazione che porterebbe inevitabilmente alla perdita della nostra specificità e della nostra libertà d'azione sulla scena internazionale». Comporterebbe non solo la «sottomissione della Svizzera al diritto europeo» ma anche l’introduzione di giudici stranieri, «l'apertura incontrollata all'immigrazione, con un'estensione del diritto di ricongiungimento familiare, e costi stimati tra 182 e 432 milioni annui.

Verrebbe persa «l'unicità democratica, sacrificata sull'altare dell' “armonizzazione”». Le iniziative popolari diverrebbero nulle a causa della supremazia del diritto europeo. Il movimento è preoccupato anche per la possibile esplosione dell'immigrazione, dovuta al soggiorno permanente concesso dopo cinque anni, anche nel caso di persone che abbiano ricevuto aiuti sociali o vissuto periodi di disoccupazione, e al ricongiungimento familiare esteso. Di fatto, l'accordo «aprirebbe le porte a oltre 60 milioni di cittadini europei», segnando la «fine dei principi di preferenza nazionale» nel lavoro. Si arriverebbe, prosegue la nota, a «concorrenza sleale sul lavoro e stagnazione dei redditi» ed anche a «una crisi abitativa e aumento esponenziale degli affitti», a «infrastrutture sovraccariche» e «crescita esponenziale dei costi sociali», con un peggioramento «della qualità della vita, dell'ambiente e della coesione sociale».

I costi annuali stimati sono visti solo come l'inizio, a cui vanno aggiunti i costi burocratici che derivano dall'adeguamento alle norme. HelvEthica vede una diminuzione della capacità di innovare e di adattarsi con rapidità al mercato, divenendo «una succursale amministrativa dell'UE». Per contro, dire no costerebbe meno dello 0,08% del PIL annuo.

Il federalismo svizzero, inoltre, non è compatibile con la centralizzazione europea. Non è possibile, per il movimento, rimanere neutrali, pilastro storico svizzero, se allineati alla politica estera e di sicurezza.

La richiesta è quella di sottoporre l'accordo a un referendum obbligatorio.

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