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LUGANO«Quando siamo finiti sul Mattino, Laura mi ha detto: Lei sopravvive, lui no!»

07.04.16 - 07:36
Jacques Ducry racconta la carriera, l’amore, l’addio al Plr, il Mattino della domenica e la Lugano dei suoi sogni
«Quando siamo finiti sul Mattino, Laura mi ha detto: Lei sopravvive, lui no!»
Jacques Ducry racconta la carriera, l’amore, l’addio al Plr, il Mattino della domenica e la Lugano dei suoi sogni

LUGANO - Jacques Ducry è appena tornato da qualche giorno nella sua casa in Toscana. A metà campagna? Avrà mica già mollato la sfida con Cristina Zanini Barzaghi? «Io? Io non ho fatto niente, ne prima ne dopo. Non mi sono candidato per battere l’uscente». Il suo sogno, ci spiega, è invece trovare una convergenza tra le forze progressiste e, semmai, trovare spazio a fianco dell’uscente.

La sfida - Ducry non è certo diplomatico, ma la racconta giusta? «C’è un’uscente, unica donna, capolista, ha lavorato bene. Non le prenderò il posto. Con il sistema elettorale, purtroppo, le lotte sono interne». E, vuole aggiungere, lui ha sempre giocato pulito. Più che altro, diciamo noi, ha il suo modo di giocare. «Sono sempre entrato con entusiasmo, forse troppo, ma questo è il mio modo di essere e io non reprimo quello che sono».

Ghisletta - A infiammare la contesa sono stati la stampa e Raul Ghisletta, con l’invito al “raddoppio” dell’uscente. «La mia utopia era quella di creare una lista d’area. Ghisletta non la voleva e, men che meno, voleva me. Non essendo un candidato socialista non sono considerato doc e ritenuto pericoloso. Spero non per quanto faccio, ma per i risultati elettorali». Eh sì, è normale, gli diciamo, dopo il risultato delle Cantonali, che Ducry nel Ps qualcuno lo possa percepire come un elefante in una cristalleria. «C’è una lista, non ci sono solo io. Ritengo che l’invito sia stato irrispettoso verso tutti, anche verso l’uscente. Non è il mio presidente di sezione, se lo fosse stato lo avrei mandato a Pechino con un biglietto di sola andata».

Ora il Ps, ieri il Plr - È un copione che si ripete? Già ai tempi del Plr non è che l’ex magistrato vivesse tra guanciali di piume. «Direi che è un po’ diverso. Andavo agli incontri del Plr già quando avevo 15 anni. Non avevo ruoli dirigenziali, ma coordinavo un gruppo che definisco, simpaticamente, di radicali carbonari. Quello, però, era un confronto ideologico. Mi coinvolgeva». E, chiaro, anche lì non le mandava a dire. «Non sacrificherò mai il mio pensiero sull’altare di un silenzio dovuto alla carriera o a un partito o a ottenere voti».

L’addio - Ma perché ha lasciato il Plr? Vogliamo un nome, un cognome e una data. Sergio Morisoli sulla lista del 2011? «No! Rocco Cattaneo, settembre 2012. Io, noi, speravamo in Gabriele Gendotti. Qualcuno ha proposto Giovanna Masoni. Secondo me era tutto costruito per evitare all’uno e all’altra di farcela. E forse ho le prove». Le prove? Su carta? «Un fascio d’indizi costituiscono una prova e io nell’assumere informazioni sono sempre stato bravo». Poi lo sappiamo, è stato eletto Cattaneo. «La base del Plr ha sostenuto, seppur con soli sei voti, un credente, paraciellino che ha sostenuto un candidato (Sergio Morisoli appunto, ndr) proveniente dall’area di Comunione e Liberazione sulla lista del 2011. Punto a capo. Voilà, questa è la causa oggettiva, chiara».

Lavoro, amore, politica - Ma Ducry, più che negli anni recenti. Era il figlio d’oro dell’ala radicale negli anni Novanta. Cos’è successo? Provò il grande salto in Governo nel ‘95 poi mai più, si è fatto da parte per la sua compagna, Laura Sadis? «Nel ‘95 non era ancora la mia compagna, l’ho conosciuta durante quella campagna. Mi propose Fulvio Pelli di entrare in lista, sapevo che sarei finito indietro». E così fu, vinsero Marina Masoni e Giuseppe Buffi. «Ho fatto una settimana da solo a Parigi dopo le elezioni, nessuno sapeva dov’ero, solo un amico poliziotto. Mi son detto: cosa faccio? Non ho mai pianificato il mio futuro, ho sempre lasciato vivere le mie convinzioni presenti, i miei principi». E la risposta è stata quella di terminare il congedo non pagato e tornare in magistratura. «Qualche mese dopo spuntò la relazione con Laura, ma avevo già deciso e nessuno mi ha più chiesto di candidarmi».

Laura e Marina - «Laura fu mia capogruppo per qualche mese, furono due sedute simpatiche», ride. Poi nel 2007 per il Plr iniziano le beghe: Masoni contro Sadis. «È stato un peccato, lì si è rotto qualcosa. Se Marina non si fosse ripresentata sarebbe andata a Berna in ottobre. E probabilmente sarebbe andata in Consiglio federale. È peccato, io l’ho combattuta tanto fin da ragazzo, ma ho sempre riconosciuto la coerenza e il coraggio dei Masoni».

Il Mattino, il Titanic - Laura Sadis sul Mattino non ha mai avuto vita facile. Ducry nemmeno. Come funziona la domenica? «Il Mattino lo leggo da 26 anni, prima anche perché dovevo occuparmene per lavoro. Io ho sempre pensato: scrivano quello che vogliono. Ogni tanto faceva male. Lei, invece, non guardava e io un po’ la proteggevo. Quindi più che a lei, faceva male ai suoi genitori». E anche in casa radicale si può ridere del Mattino. «Quando abbiamo fondato Incontro democratico ci hanno messi sul Titanic, lei davanti e io dietro. Le dissi: guarda che bella copertina ci hanno fatto i Bignasca. Lei mi rispose: ti ricordo che lei soppravvive, lui no. Tié».

La satira - «Gné gné non è particolarmente simpatico, poi ci può essere di meglio o peggio. Ognuno si prenda le sue responsabilità». Invece a Ducry è riservato un altro appellativo, Stakanov. «Mi rendo conto di non essere mai passato per quello che scava le miniere. Ma assicuro di non aver mai beccato un rimprovero per non aver portato a casa un grosso incarto». Ma cosa ne pensa? «A me fa morir dal ridere. In Gran Consiglio lo dico sempre davanti a loro: Stakanov è stanco, ha mal di schiena, non c’è più carbone, non ha più niente da fare».

La sinistra - Oggi, le persone che soffrono non votano più a sinistra. Cosa succede? «È una vita schizofrenica quella della sinistra. Abbiamo un ministro e abbiamo visto cos’è successo con la scuola. Bertoli è al Decs, mentre docenti e ragazzi sono in piazza a manifestare». Poi la lista si fa lunga. Liti interne, farsi male da soli, anti-europeismo. Ma ci sono anche le persone. «Ci sono profili trascinanti e profili non trascinanti. Ecco, Giuliano Bignasca: ci metteva il cuore, l’emotività e tre semplici principi. Non era un uomo di cultura politica come può esserlo un Franco Masoni o un Argante Righetti. Però riusciva con la sua forza empatica, anche con i suoi eccessi, a farsi amare dalla gente. L’ha creata lui la Lega. Altri sono più cattivelli, vuole i nomi?» e ride.

Non me lo chiede cosa faccio quando divento sindaco? - È difficile intervistare Jacques Ducry. Ne ha da raccontare e travolge con carriole di parole. Anche giornalisti ben più esperti di questo faticano a interromperlo. Così ci si scorda le domande, ma lui si risponde da solo. «Riporterei il mercato del martedì in piazza e impedirei ai venditori di esporre carabattole. Voglio tornare alle signore e ai signori che vendono prodotti naturali. Insomma fiorellini e legumi della Val Colla. Vorrei il Lungolago senz’auto. Abolirei quei capannini nelle feste consacrate che rovinano l’immagine della città. Non vorrei le Harley Davidson, meglio le Velosolex. Niente contro gli harleyisti, ma non quando girano in branco». Poi il Molino, i frontalieri, il Lac, affitti per i negozianti del centro, segreto bancario, Panama Papers. Smettiamo di ascoltarlo, ci sorge un dubbio. Sarà vero che non vuole fare le scarpe alla Zanini Barzaghi?

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