Quando il Ticino non basta: una quindicina i minori trasferiti in Italia

Quasi 500 giovani nei centri educativi del nostro Cantone. Ogni anno vengono investiti milioni nella cura e nella protezione dei più giovani. Nonostante gli sforzi, tuttavia, ci sono situazioni di «sofferenza difficilmente colmabili»
LUGANO - Dietro le porte dei centri educativi ticinesi, ogni anno, si intrecciano le storie di centinaia di ragazzi che cercano un equilibrio, una casa, una seconda possibilità. Quasi 500, nel 2024 i minorenni presi in carico: un numero che fotografa, meglio di mille parole, la fragilità di molte situazioni familiari. E per una quindicina di loro, la cura passa anche attraverso un viaggio oltre confine, in comunità specialistiche italiane.
Nel dettaglio, secondo i dati forniti dall’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UFaG), sono 479 i minorenni assistiti lo scorso anno nei centri educativi ticinesi. Di questi 250 sono collocamenti stazionari, 58 quelli diurni (in esternato, cioè che frequentano senza essere convittori), 31 quelli d’urgenza presso il Centro di Pronta Accoglienza e Osservazione (PAO) o tramite la Cellula socio-educativa d'urgenza per minorenni (CSUM). A completare la cifra generale ci sono le 50 progressioni verso l’autonomia (in particolare con il gruppo d’aiuto ADOC) e i 90 post-cura, ragazzi dimessi, ma ancora agganciati ai Centri educativi per minorenni (CEM). Di questi, 32 minorenni sono stati presi in carico in Centri educativi per minorenni specialistici, a valenza socioterapeutica, come il CEM Arco (Riva S. Vitale) e il CEM Archetto (Mendrisio).
Quanti, invece, non trovano posto in Ticino e vengono trasferiti presso strutture in Italia? Lo abbiamo chiesto a Marco Galli, a capo dell’UFaG.
«Le due comunità socio-terapeutiche operanti in Ticino (Arco e Archetto) non sono sufficienti a prendere in carico tutte le situazioni di minorenni in protezione, ma bisognosi di particolare cura pedo-psichiatrica, oltre che di protezione. Per questa particolare casistica, ci avvaliamo di centri specialistici in altri Cantoni (3-4 casi) o nella vicina Italia (15-18 casi). Annualmente, sono circa una quindicina i casi seguiti da queste comunità accreditate dalle autorità italiane, altamente specializzate e con esperienza nel prendersi cura di situazioni particolarmente complesse. Va detto che, durante il collocamento fuori Cantone, i percorsi vengono seguiti regolarmente dai servizi sociali o pedopsichiatrici e dalle autorità ticinesi e, appena le condizioni di salute del minore lo permettono, questi vengono riaccolti in strutture in Ticino».
È possibile avere delle cifre indicative relative ai costi di tali interventi?
«La somma globale per gli affidamenti di protezione nei centri educativi per minorenni (19 strutture in Ticino, più i collocamenti fuori Cantone) è, nel 2025, di circa 31 milioni di franchi, misure di rientro finanziario comprese. Questa spesa va vista come un investimento necessario a garantire la protezione, quando non la cura, di questi minorenni, cercando di offrire un contesto di vita che possa consentire loro di seguire una formazione e di avere una buona qualità di vita».
Investimento che va sempre a segno?
«Ci sono purtroppo situazioni talmente compromesse, che nonostante tutto l’impegno e la cura immaginabili presentano comunque delle sofferenze difficilmente colmabili. Per questo, negli anni, si è potenziata anche la rete di accompagnamento educativo in famiglia, sin dalla prima infanzia, in modo da prevenire, laddove possibile, ulteriori collocamenti, rafforzando le competenze educative dei genitori. A tale scopo, finanziamo interventi come il progetto “Imparo dai genitori” dell’associazione Progetto Genitori, il Servizio di accompagnamento educativo della Fondazione Vanoni e, per i giovani sino a 20 anni, il progetto ADOC della Fondazione Amilcare. Negli ultimi anni, è stata anche attivata un’apposita Cellula di intervento socio-educativo d’urgenza con la Fondazione Torriani, che consente di intervenire anche nel fuori orario per situazioni in cui l’integrità dei minorenni è messa a repentaglio, garantendo una presa in carico residenziale d’urgenza sino a 72 ore, in modo poi da poter attivare le soluzioni adeguate».
Dati Clinica psichiatrica cantonale (CPC) di Mendrisio
Per quel che riguarda la CPC, nel 2024 la Clinica ha ammesso 54 pazienti minorenni al momento dell’ammissione. In 25 casi il ricovero è avvenuto in regime di coazione: si è trattato per 21 casi di ricoveri su ordine medico (ex ricovero coatto) e in 4 casi su decisione ARP. Le giornate totali dei minorenni nel 2024 sono state 2456 per una presenza giornaliera di 6,71 minorenni al giorno in CPC. La durata media della degenza dei pazienti minorenni è stata di 41,14 giorni.
Nonostante le richieste, non ci è stato invece possibile risalire ai dati relativi al reparto pedopsichiatrico dell’Ospedale Civico di Lugano.




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