«Treni scelti secondo la legge»: parla Mister FFS, tra critiche e minacce

Intervista al CEO Vincent Ducrot: «Più Swissness? Decida la politica, non le ferrovie»
BERNA - Il CEO delle FFS, Vincent Ducrot, comprende la richiesta di una maggiore “swissness” nell’acquisto dei treni. Ma le regole del gioco dovrebbe cambia+rle la politica.
Signor Ducrot, di recente è stato criticato perché non fate costruire in Svizzera i nuovi treni per la S-Bahn di Zurigo. Ha sottovalutato il patriottismo del Paese?
«In realtà no. Ce lo aspettavamo, anche se non con questa intensità. Comprendo la richiesta di maggiore “swissness”, ma siamo soggetti alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e dobbiamo mettere a concorso pubblico e trattare tutti allo stesso modo. Le offerte vengono valutate rigorosamente secondo un sistema a punti – vince il treno migliore».
Nell’esercito, il capo degli armamenti ha semplicemente dichiarato “Swiss made” come criterio decisivo per l’acquisto delle pistole.
«Insisto: le leggi sugli appalti sono per noi molto rigide. Appalti così grandi finiscono spesso davanti ai tribunali. E lì non vogliamo perdere. A parte questo: i fornitori conoscevano i nostri criteri. Nessuno li ha contestati».
A causa della decisione lei e la sua famiglia avete ricevuto minacce, avete avuto bisogno di protezione personale. Questo l’ha colpita?
«Sì, ovviamente questo ci pesa. Ma dormo sonni tranquilli perché abbiamo effettuato l’aggiudicazione in modo conforme alla legge e molto accuratamente. La legislazione, che il Parlamento ha ulteriormente irrigidito nel 2019, non ci lascia altra scelta. Dovete chiedere ai parlamentari quale politica industriale vogliono».
Tutti parlano di Siemens e Stadler. Ma in gara c’era anche il produttore giapponese Hitachi. Perché Hitachi non ha alcuna chance in Svizzera?
«È molto semplice: Siemens ha presentato l'offerta migliore e ha ottenuto il punteggio più alto. I treni offrono molti posti a sedere, sono convenienti nell’acquisto e nella manutenzione. Presto ordineremo nuovi treni internazionali e treni per l’area di Ginevra. Le carte verranno rimescolate. In Europa oggi sono attivi, tra gli altri, Alstom, Hitachi, Stadler e Siemens. Siamo contenti che ci sia concorrenza. Questo va a vantaggio delle clienti e dei clienti e dei contribuenti. Altrimenti ci sarebbe una situazione di monopolio e i prezzi salirebbero».
Anche i produttori cinesi sono ai blocchi di partenza. Strapperanno in futuro ordini a Peter Spuhler?
«In Austria per la prima volta sono stati acquistati treni cinesi. Da noi le regole del gioco sono chiare: non possiamo semplicemente escludere un treno o un produttore. Vince chi soddisfa meglio i criteri concordati, chi è più innovativo e porta il maggior beneficio ai clienti. Peter Spuhler non ha bisogno di alcuna ricetta. Sa affrontare molto bene la concorrenza. Negli ultimi 25 anni ha vinto oltre il 70 per cento degli ordini delle FFS».
Eppure: stanno nascendo dei giganti. Proprio come nell’industria automobilistica.
«Ha perfettamente ragione. La politica deve decidere se la Svizzera deve essere protetta oppure no. Questo non è compito delle FFS».
La politica dovrebbe quindi modificare il diritto degli appalti?
«La “swissness” attualmente non è consentita dalla legge. Posso capire le richieste di un valore aggiunto svizzero. Tuttavia, qualsiasi modifica alla legge dovrebbe garantire la continua concorrenza tra i produttori».
Cambio di tema: si sentono sempre più spesso avvertimenti allarmanti secondo cui l’infrastruttura ferroviaria starebbe degradando – e che se non si interviene rischiamo di ritrovarci in una situazione simile a quella tedesca. Si parla già di un arretrato d’investimenti superiore agli 8 miliardi di franchi. È davvero così grave o semplicemente si spera di ottenere più soldi dallo Stato?
«La situazione è molto seria. Circolano sempre più treni, il che mette a dura prova l’infrastruttura. Dovremmo rinnovare i binari ogni 30 anni. In concreto, sarebbero 230 chilometri all’anno. Oggi ne facciamo solo 200. Quindi significa che ne sostituiamo troppo poco».
Come si è arrivati a questo punto?
«Come detto: più treni, che accelerano più velocemente, mettono sotto sforzo l’infrastruttura. E qualche anno fa non eravamo in grado di rinnovare così tanto. Facciamo 20.000 cantieri all’anno. È davvero moltissimo. Alla normale usura si aggiunge che una grande parte dell’infrastruttura è stata costruita tra il 1900 e il 1920. I ponti e le gallerie di quell’epoca devono ora essere tutti risanati. Anche l’elettronica moderna non dura più così a lungo. Il tunnel del Gottardo è stato inaugurato nel 2016, e alcuni componenti elettronici sono già alla fine del loro ciclo di vita».
Devono contribuire anche i passeggeri? In altre parole: i prezzi dei biglietti aumenteranno l’anno prossimo?
«Resta da vedere. Dipende sempre anche da quanta compensazione per il traffico regionale di passeggeri deciderà il Parlamento. Ma anche la Confederazione deve risparmiare, perché c’è meno denaro in cassa. Le tariffe vengono fissate da Alliance Swisspass, e le FFS in questo organo hanno solo un voto».
La digitalizzazione degli impianti di segnalamento costerà oltre un miliardo. Cosa vi aspettate?
«Abbiamo 600 impianti di comando che funzionano ancora con tecnologie molto vecchie. Sono dotati di relè: interruttori che permettono di controllare un segnale o uno scambio tramite un cavo. Solo a Zurigo ce ne sono migliaia. Sostituiremo questa tecnologia con tecnica informatica. In questo modo potremo far circolare ancora più treni sulla rete».
La politica ha dibattuto per settimane se sovvenzionare un treno notturno per Malmö. Non è assurdo, considerate le enormi sfide?
«Nel 2009 ho dovuto sospendere il traffico dei treni notturni perché la domanda era fortemente diminuita. I treni erano quasi vuoti, la qualità pessima. E all’improvviso abbiamo avuto una ripresa. È bello, ma purtroppo i treni notturni non sono ancora redditizi, perché i canoni d’uso della rete sono troppo costosi rispetto al numero di passeggeri».
Quindi non le dispiace che il progetto alla fine sia fallito?
«No. Se fosse stato voluto politicamente, lo avremmo fatto volentieri per i nostri clienti. Tuttavia, la nostra attenzione è comunque rivolta alle linee internazionali diurne, che sono anche redditizie. Vogliamo collegare più velocemente Londra, Barcellona e Roma entro qualche anno. Mi farebbe enormemente piacere poter viaggiare in sei ore fino a Londra».



