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EURO 2020«Se Eriksen non fosse stato uno sportivo magari non gli sarebbe mai accaduto niente»

15.06.21 - 16:35
Parola al cardiologo Mauro Capoferri: «Difficile che qualcuno si prenderà la responsabilità di farlo tornare in campo».
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«Se Eriksen non fosse stato uno sportivo magari non gli sarebbe mai accaduto niente»
Parola al cardiologo Mauro Capoferri: «Difficile che qualcuno si prenderà la responsabilità di farlo tornare in campo».
«Nella grandissima maggioranza dei casi l'attività agonistica è compromessa».
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CHIASSO - Sabato sera all'Europeo si è sfiorata la tragedia. Una tragedia evitata grazie al tempestivo intervento dei medici presenti allo stadio di Copenaghen. Christian Eriksen ha rischiato grosso ma la notizia più bella è giunta oggi, con il centrocampista danese che - dal letto dell'ospedale - ha scritto: "Sto bene". Parole che hanno riempito di gioia l'intero mondo pallonaro (ma non solo). 

A distanza di tre giorni dal grande spavento, l'evento continua a far discutere. Com'è possibile che un giocatore sottoposto a controlli regolari possa rimanere vittima di un arresto cardiaco? Abbiamo girato il quesito al Dottor Mauro Capoferri, cardiologo all'avanguardia che opera a Chiasso. 

«Per quanto sappiamo molto bene come queste patologie possano portare a un arresto cardiaco improvviso, purtroppo non sempre sono manifeste. Se c'è un danno organico, dove c'è un cuore malformato, con gli ultrasuoni è possibile notarlo. A volte, però, ci sono dei problemi elettrici, a livello ultrastrutturale o cellulare, che non sempre emergono dagli esami. È dunque possibile che possa sfuggire e non si tratta di negligenza medica».

Uno sportivo è più esposto?
«Sì. Una morte improvvisa, nello sportivo, per quanto rarissima sia, è frequente il doppio rispetto alla popolazione generale. Questo perché l'agonismo crea una serie di stress che va oltre l'aspetto fisico. C'è un maggior stimolo degli ormoni da stress che può portare l'individuo ad avere degli eventi che forse in un'attività fisica normale, senza l'ansia da prestazione, non emergerebbe. Se non fosse stato uno sportivo magari non gli sarebbe mai accaduto niente». 

Il celere intervento medico ha evitato la tragedia... 
«Certamente. In un simile contesto, il soccorso immediato fa la differenza. Intervenendo subito la grande maggioranza di queste problematiche possono avere un lieto fine. Risolvere un arresto cardiaco non vuol dire averlo curato, ma l'importante è essere pronti quando succede. Più si attende e più è difficile far tornare il cuore a battere nel suo ritmo giusto. La svolta è proprio defibrillare nel giro di pochissimo tempo senza dare il tempo alle cellule impazzite di prendere la guida del ritmo cardiaco».

Quante possibilità ci sono di rivedere Eriksen su un campo di calcio?
«Difficilmente qualcuno si prenderà la responsabilità. Al di là di questo, ci sono dei medicamenti che possono aiutare. Ma l'incertezza rimane. Si può anche inserire un defibrillatore nel paziente, ma questo preclude l'attività agonistica. Ci sono inoltre alcune situazioni in cui si può intervenire a livello elettrofisiologico, risolvendo totalmente il problema.  Ad ogni modo nella grandissima maggioranza dei casi l'attività agonistica è compromessa. Per qualsiasi medico sarà difficile, anche nel caso di esami incoraggianti, farlo tornare in campo...».

Un'ultima domanda: non sarebbe il caso d'introdurre un corso obbligatorio per tutti, su come effettuare un massaggio cardiaco? 
«In Ticino siamo all'avanguardia. Grazie alla fondazione Ticino Cuore, c'è molta sensibilità verso questi aspetti. Già nelle scuole si tratta questo tema e ci sono diversi corsi ai quali si può partecipare. Non lo metterei come obbligo, perché non sempre tutti sono portati. Certamente, però, più persone sono formate e meglio è... Il massaggio non è difficile, a volte è più complicato gestire l'emotività di colui che si trova a soccorrere una persona con un arresto cardiaco in atto...».

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