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Il DOGE di Musk sta «hackerando l'America»

L'operato del "ministero" affidato al patron di Tesla sta introducendo nuove vulnerabilità nelle reti governative statunitensi
AFP
Fonte ForeignPolicy
Il DOGE di Musk sta «hackerando l'America»
L'operato del "ministero" affidato al patron di Tesla sta introducendo nuove vulnerabilità nelle reti governative statunitensi

WASHINGTON - Il "ministero" parallelo creato ad hoc per Elon Musk - il DOGE, o Dipartimento per l'efficienza governativa, nella lingua di Dante - da parte di Donald Trump con l'obiettivo di sottoporre a un intenso regime dimagrante la pachidermica macchina burocratica a stelle e strisce, per il momento è riuscito nel non intento di rendere l'intero ecosistema digitale dell'amministrazione statunitense più esposto e meno sicuro.

A scriverlo è la rivista ForeignPolicy, con un articolo dal titolo che eloquentemente - «Il DOGE sta hackerando l'America» - punta l'indice verso l'operato del multimiliardario patron di Tesla. «Nel giro di qualche settimana, il governo degli Stati Uniti ha subito quella che potrebbe essere la violazione nella sicurezza più grave della sua storia» e «non a causa di sofisticati cyber-attacchi o dello spionaggio estero, ma attraverso gli ordini ufficiali di un miliardario con un poco chiaro ruolo di governo. E le implicazioni per la sicurezza nazionale sono profonde».

Nell'articolo vengono messi in fila numerosi fattori. L'accesso al sistema informatico del Tesoro americano da parte di personale collegato con il suddetto DOGE (con la conseguente possibilità di accedere a informazioni, e al potenziale controllo, su quei circa 5.45 trilioni di dollari di pagamenti federali effettuati ogni anno dal Dipartimento). Le informazioni classificate dell'Agenzia per lo sviluppo internazionale a cui personale del DOGE sprovvisto del livello di "clearance" necessario ha avuto accesso. E ancora, il fatto che dati riservati del Dipartimento dell'educazione siano stati «dati in pasto» ad alcuni software di intelligenza artificiale.

È una vicenda «che si sta muovendo velocemente» e «ulteriori falle critiche per la sicurezza governativa sono probabili», secondo l'autore dell'articolo. E a rendere il tutto più allarmante e «senza precedenti» è ovviamente il rovesciamento del paradigma, con la minaccia che proviene dall'interno. Perché quando il nemico colpisce da fuori «impiega anni a tentare di penetrare in sistemi governativi di questo tipo, facendo ricorso a metodi discreti e cercando di non lasciare traccia». In questo caso invece, questi «attori esterni e con poca esperienza, e una supervisione minima, fanno il loro lavoro in piena vista» intaccando l'ossatura stessa delle reti d'informazioni più sensibili degli Stati Uniti e «introducendo nuove potenziali vulnerabilità» mentre lo fanno.

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