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Il terremoto a Taiwan ha suonato la sveglia

La produzione globale di microchip è dominata dall'Asia, con la Taiwanese Tsmc in testa, mentre gli Usa cercano di recuperare il gap.
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Il terremoto a Taiwan ha suonato la sveglia
La produzione globale di microchip è dominata dall'Asia, con la Taiwanese Tsmc in testa, mentre gli Usa cercano di recuperare il gap.
TAIPEI - Che siano l'oggetto del desiderio, tecnologicamente parlando, è un fatto. Dagli smartphone, passando per l'industria dell'auto, fino alla tecnologia militare e spaziale, tutti i dispositivi hanno in comune, al loro interno, i microchip. Tan...

TAIPEI - Che siano l'oggetto del desiderio, tecnologicamente parlando, è un fatto. Dagli smartphone, passando per l'industria dell'auto, fino alla tecnologia militare e spaziale, tutti i dispositivi hanno in comune, al loro interno, i microchip. Tanto che annualmente se ne vendono oltre mille miliardi, ovvero 140 per persona (Dati ilsole24Ore).

Facile dunque capire le strategie - se non la guerra - tra i Paesi leader nella loro produzione - su tutti Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Taiwan e India - per accaparrarsi una fetta di mercato. Ed è il continente asiatico a farla da padrone, annoverando tra le sue fila le aziende leader nella produzione a livello mondiale.

Lo scettro va infatti alla Taiwanese Tsmc, il più grande produttore al mondo e di riferimento per aziende come Apple e Nvidia, che tocca oggi i massimi alla Borsa di Taipei (+1,51%) all'indomani dell'accordo con l'amministrazione Usa, per incrementare la produzione con una terza fabbrica in Arizona, oltre alle due strutture già programmate, che dovrebbero iniziare a produrre tra il 2025 e il 2028.
E proprio negli Usa - che sono leader nel design e nell'architettura del chip - ci si rimbocca le maniche, tanto che gli States raddoppieranno la loro quota di produzione mondiale entro i prossimi dieci anni. Lo ha spiegato il corrispondente dal Corriere della Sera che ha sentito Patrick Gelsinger, ceo di Intel. «Possiamo farcela - ha detto il manager della multinazionale californiana -. Ma dobbiamo recuperare trent’anni di ritardo rispetto a Taiwan, Corea del Sud, Cina».

Una rincorsa che sarà lunga e costosa e che vede la Cina in rampa di lancio nel realizzare nuove unità produttive (22 nel quadriennio 2021-2025).

Nel frattempo si è quasi definitivamente allontanato lo spettro di rimanere a corto di dispositivi. Dopo il terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito l'isola di Taiwan, la cui produzione di semiconduttori rappresenta circa la metà di tutti quelli in circolazione e la maggioranza di quelli più sofisticati, si era infatti temuto per un'interruzione delle forniture. Con il rischio di paralizzare, o quasi, la produzione di elettrodomestici, computer, oltre che dei già citati smartphone e automobili.

Ma dopo le prime verifiche sembra che la produzione sia già ripartita ai livelli di quasi piena produttività e che i danni sono stati contenuti, grazie soprattutto ai rigidi piani antisismici adottati da Taiwan, oltre che la distanza dall'epicentro della maggioranza dei siti produttivi.

Ma il sisma dello scorso 3 aprile ha nuovamente scosso il mondo, che di fatto dipende ancora dal Paese colpito dalle scosse e più in generale dall'Asia. Terremoto che ha suonato nuovamente la sveglia, per gli Usa e soprattutto per la "ritardataria" Europa, "alarm" suonato già dopo le prime difficoltà di approvvigionamento - che tutti abbiamo più o meno subito - in concomitanza della pandemia Covid. Ma ci vorranno anni per colmare il gap tecnologico, specie per i semiconduttori più sofisticati.

Per intanto le produttrici regine del mercato restano le asiatiche, a Tsmc segue la sudcoreana Samsung, con aziende cinesi - competitive specie per i livelli qualitativi medi - e giapponesi a completare il gotha dei microchip.

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