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La decisione non ha raccolto l'unanimità in seno all'opinione pubblica
LONDRA - È ufficiale il via libera del governo laburista britannico al piano per l'abbattimento dello scheletro di Grenfell Tower, il grattacielo di edilizia popolare di Londra teatro nel giugno del 2017 di un incendio devastante ai margini del quartiere del lusso di Chelsea che costò la vita a 72 inquilini.
La decisione, preannunciata ieri dopo un incontro a tratti burrascoso della vicepremier Angela Rayner con le associazioni dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime, è stata confermata oggi per iscritto in un comunicato di Downing Street.
L'entourage del primo ministro Keir Starmer ha rivendicato all'esecutivo il fatto d'aver informato «prima di ogni altro» i sopravvissuti e i parenti di coloro che persero la vita nella sciagura. Mentre è tornato a giustificare la scelta radicale compiuta evocando ragioni di sicurezza e il parere prevalentemente «positivo dei residenti» del vicinato.
Resta tuttavia la delusione, la contrarietà e la protesta delle organizzazioni che rappresentano le vittime: favorevoli a un ristrutturazione ex novo della torre, e con criteri diversi rispetto alla gestione speculativa al risparmio indicata anche da un'inchiesta indipendente fra le cause di quella che fu di fatto una tragedia annunciata; o almeno di un intervento di conservazione dello scheletro e della sua trasformazione in un memoriale, di fronte al timore di una sorta di colpo di spugna sul ricordo di quanto accaduto. A cominciare dalle responsabilità attribuite per il rogo sia alle negligenze delle autorità e dei servizi di soccorso, sia all'incuria delle aziende private subentrate gradualmente nella gestione di una struttura nata come progetto di edilizia popolare pubblica.
