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UCRAINA

Cinque «mercenari» a processo, a rischio la vita di tre europei

Provengono da Regno Unito, Croazia e Svezia. Alcuni combattevano da anni tra le fila dell'esercito ucraino
Reuters
Cinque «mercenari» a processo, a rischio la vita di tre europei
Provengono da Regno Unito, Croazia e Svezia. Alcuni combattevano da anni tra le fila dell'esercito ucraino
DONETSK - Tre britannici, un croato e uno svedese. Sono i cinque europei che sono stati combattenti attivi tra le fila ucraine e che ora sono accusati di essere mercenari nella autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk. Ieri sono apparsi in tribu...

DONETSK - Tre britannici, un croato e uno svedese. Sono i cinque europei che sono stati combattenti attivi tra le fila ucraine e che ora sono accusati di essere mercenari nella autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk. Ieri sono apparsi in tribunale e tre di loro rischiano la pena di morte.

Il processo è iniziato ieri. Lunedì è stata esaminata dal tribunale russo della città di Donetsk tutta la documentazione relativa ai fatti e i cinque sono stati informati delle accuse a loro carico. Tutti si sono proclamati innocenti e in quattro hanno accettato di testimoniare quando la corte si riunirà nuovamente i primi di ottobre.

Il croato Vjekoslav Prebeg, il britannico John Harding e lo svedese Mathias Gustafsson sono tutti stati arrestati all'interno o nella periferia della città portuale di Mariupol. I tre sono accusati di aver tentato «di prendere il potere - russo - con la forza» e di aver partecipato al conflitto come «mercenari». Il verdetto per i tre imputati potrebbe essere la pena di morte. Già nel mese di giugno due britannici e un marocchino erano stati condannati a morte per simili motivi da una corte russa, ma la sentenza non è ancora stata messa in atto.

Gli altri due imputati, Dylan Healy ed Andrew Hill sono l'uno accusato di essere un mercenario e l'altro di essersi candidato al reclutamento, sempre come mercenario, in Ucraina.

Da Zagabria a Londra, gli uffici ministeriali competenti respingono le accuse portate avanti contro i cinque europei poiché «infondate» e «contrarie al diritto e alle convenzioni internazionali sul trattamento dei civili e dei prigionieri di guerra».

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