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Ecco come aveva immaginato il suo addio

Con l'abito nero firmato Dior, con le musiche di Paolo Fresu: il funerale voluto da Ornella Vanoni
Imago
Fonte ATS ANS
Ecco come aveva immaginato il suo addio
Con l'abito nero firmato Dior, con le musiche di Paolo Fresu: il funerale voluto da Ornella Vanoni

ROMA - Anche per il suo passo d'addio Ornella Vanoni ha pensato al jazz e ha chiesto che al suo funerale a suonare fosse Paolo Fresu. Una scelta totalmente antiretorica perfettamente in linea con la sua vita ma che è la prova dell'amore che la Vanoni ha sempre nutrito per il jazz e del rapporto profondo che si era creato con Fresu con cui aveva realizzato un album molto lontano dalle consuetudini della canzone italiana come "Argilla" e a marzo a Bologna con un paio di concerti tra jazz e arrangiamenti orchestrali.

Naturalmente l'amicizia e il sodalizio artistico con un musicista avventuroso come Paolo Fresu rappresentano solo l'ultimo capitolo di una lunga storia nata fin dai primi passi della carriera, quando il jazz era una fonte di ispirazione decisiva per artisti e autori.

Ornella Vanoni conosceva e amava The Great American Songbook, cioè quello straordinario repertorio scritto dai grandi autori americani (Gerhswin, Cole Porter, Rodgers & Hart) che è la base degli standard del jazz e per affinità artistiche si ispirava a Billie Hoiliday, insuperato esempio di quell'essenzialità espressiva che valorizzava l'intensità che è stato anche il tratto distintivo del suo stile.

E l'amore per il jazz era condiviso da molti degli autori, dei direttori d'orchestra e anche dei colleghi della sua generazione, primo tra tutti Gino Paoli, senza contare che all'epoca della sua maturazione alcuni dei migliori jazzisti italiani suonavano nelle orchestre della Rai, del Festival di Sanremo e negli studi di registrazione. Tra gli amici famosi di Ornella c'era ad esempio Gerry Mulligan, il più grande solista di sax baritono della storia del jazz, il socio fondatore del leggendario quartetto senza pianoforte con Chet Baker che aveva una grande familiarità con l'Italia e che ha suonato con la Vanoni sull'album "Uomini" (un progetto raffinato dove suonavano anche Lucio Dalla, Toquinho) ma l'ha anche accompagnata più volte dal vivo, compresa un'apparizione alla Vela d'Oro, tanto per dimostrare cosa vuol dire essere veramente chic.

Come tutti i protagonisti di vite eccezionali, la Vanoni vantava amicizie con i grandi di ogni categoria: per esempio aveva un rapporto di familiarità con una figura di culto come Zoot Sims, sassofonista sommo che con Stan Getz, Al Cohn e Serge Chaloff aveva formato i leggendari Four Brothers ma che certo non ha mai goduto della popolarità di Mulligan. Naturalmente la più importante e conosciuta testimonianza di questo legame con il jazz è "Ornella &...", un altro dei grandi progetti immaginati e ideati con la complicità di Sergio Bardotti: l'album è stato registrato a New York nel 1986 e raccoglie una serie di canzoni italiane di epoche diverse suonate con jazzisti come Herbie Hancock, George Benson, Gil Evans, Lee Konitz, Michael e Randy Brecker, Steve Gadd, Ron Carter. Nel corso della sua lunga carriera sono tanti i nomi di jazzisti che hanno suonato con lei: ma alla fine ciò che conta di più è l'amore profondo per il jazz, un'autentica passione che ha ispirato tutta la sua vita fino al passo d'addio.

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