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Non c'erano solo i fan di Trump

Oltre ai cappellini MAGA e agli striscioni «O Trump o morte», ieri a Manhattan c'era anche chi tifava per l'arresto dell'ex presidente
Reuters
Non c'erano solo i fan di Trump
Oltre ai cappellini MAGA e agli striscioni «O Trump o morte», ieri a Manhattan c'era anche chi tifava per l'arresto dell'ex presidente
NEW YORK - Disordini e disastri non ce ne sono stati. Ma anche la cornice dell'udienza di Donald Trump, ieri a Manhattan, ha reclamato la sua fettina d'attenzione. Da una parte i fan dell'ex presidente - che, soprattutto dall'assalto al Campidoglio i...

NEW YORK - Disordini e disastri non ce ne sono stati. Ma anche la cornice dell'udienza di Donald Trump, ieri a Manhattan, ha reclamato la sua fettina d'attenzione. Da una parte i fan dell'ex presidente - che, soprattutto dall'assalto al Campidoglio in poi, abbiamo imparato a conoscere nel loro estremismo tribale, adornato di pellicce, cappelli con il logo MAGA (Make America Great Again, ndr.), ogni tanto grandi corna e, sempre, gli inossidabili slogan mutuati dalle affermazioni del loro guru. Dall'altra la squadra avversaria, quella che era lì a sventolare striscioni a favore dell'arresto. E non meno coloriti di quelli imbracciati dalla controparte.

Le due compagini si sono "sfidate" nell'area del Collect Pond Park di Manhattan, di fronte alla Manhattan Criminal Courthouse, armate dei propri vessilli. Nel mezzo, a separare i campi, alcune barriere metalliche. Per identificarle prendiamo in prestito il "tabellino" stilato da un cronista del portale "The Soapbox". «Su un lato: "Fanculo Trump e fanculo a te per averlo votato". Sull'altro: "O Trump o morte"».

Come detto, i primi sono ormai piuttosto noti. In quest'occasione ci concentriamo quindi nel proporre una panoramica - sia fotografica che non - dei secondi, dei loro proclami e dell'iconografia che hanno messo in scena nel lungo martedì di Trump per accompagnarne l'incriminazione formale. La prima nella storia, come già noto, per un ex presidente degli Stati Uniti. Nonché da molti parecchio attesa, stando a quanto si può leggere (e vedere).

Lo spettro va da striscioni vergati da toni più sobri - «La giustizia conta». «Nessuno è al di sopra della giustizia». «La democrazia necessita di affidabilità» - a slanci caricati con calibri ben più elevati. Ma, va detto, anche creativi. È il caso della "finestrella" in stile Windows: «Disinstallazione di Trump. Il sistema è corrotto. Potrebbe volerci un po' di tempo...». O la scheda con la lista delle accuse: «Mazzette per il silenzio. Frode fiscale. Documenti classificati. 6 gennaio. Interferenze nell'elezione»; dove la prima voce dell'elenco è segnata da un visto.

Degni di nota ci sono poi il fotomontaggio che lo vede urlante mentre impugna le sbarre - e non manca chi chiede in modo diretto: «Sbattetelo dentro» -; «Trump è un boss del crimine» e ancora altre liste: «TRUMP. Truffatore. Razzista. Cospiratore contro lo Stato. Spia nucleare?», fino al ritratto ibrido, posato ai piedi della Procura di Manhattan, metà Trump e metà Adolf Hitler con il messaggio «La storia si ripete». Di cattivo gusto, invero. Ma almeno, questa volta, non si è fatto male nessuno.

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