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Alberto Angela: «Rapito e picchiato, temevo di essere ucciso»

Il conduttore ha rivelato di essere stato sequestrato con la sua troupe in Niger nel 2002
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Alberto Angela: «Rapito e picchiato, temevo di essere ucciso»
Il conduttore ha rivelato di essere stato sequestrato con la sua troupe in Niger nel 2002
ROMA - Alberto Angela è uno dei volti più amati della tv italiana per la sua capacità divulgative con cui riesce ad appassionare ad argomenti come storia, arte e archeologia il grande pubblico. Angela è anche un personaggi...

ROMA - Alberto Angela è uno dei volti più amati della tv italiana per la sua capacità divulgative con cui riesce ad appassionare ad argomenti come storia, arte e archeologia il grande pubblico. Angela è anche un personaggio molto riservato e finora s’è tenuto dentro un enorme segreto: nel 2002, insieme alla sua troupe, vittima di un rapimento in Niger, dove si trovava per registrare una puntata del programma “Ulisse - Il Piacere della Scoperta”.

Il divulgatore scientifico e i suoi collaboratori furono attaccati e sequestrati da un gruppo di criminali armato: lo stesso Angela lo ha raccontato in un’intervista al settimanale Di Più. «Ho rischiato di essere ucciso - spiega Angela - sono stato sequestrato e picchiato da criminali nel Niger. Ho temuto davvero di non rivedere più mia moglie (Monica Angela, che ha sposato nel 1993 e con cui ha avuto tre figli maschi). Poi per fortuna mi hanno liberato. Ero con i sei operatori della mia troupe tra il Niger e l’Algeria nel deserto, per girare una puntata». Angela spiega che l’assalto fu veloce, ma che il peggio venne dopo. «Dal nulla è uscito un veicolo velocissimo, dal quale sono scesi tre individui con turbante e occhiali da sole, ma anche kalashnikov e pistole alla mano. Ci hanno legato, picchiato per ore, interrogandoci e divertendosi a terrorizzarci: ci hanno anche chiesto se fossimo delle spie».

In quei momenti Angela ha realmente temuto di venire ucciso. «Sono state 15 ore terribili siamo stati tutti percossi, minacciati e poi derubati di tutto. Oggi sono qui a raccontare quello che mi è successo e, nonostante la grande paura, non ho smesso di svolgere con grande passione il mio lavoro». 

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