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Cannabis, sequestrati 410 kg di "merce importata" dalla Svizzera

Due le persone denunciate: si tratta di padre e figlio
Foto GdF
Fonte GdF Como
Cannabis, sequestrati 410 kg di "merce importata" dalla Svizzera
Due le persone denunciate: si tratta di padre e figlio

COMO - Due denunce a piede libero per traffico illecito di stupefacenti e 410 chili di prodotti derivati dalla cannabis sequestrati.

È quando disposto dalla Guardia di Finanza di Como a conclusione di un'indagine condotta nei confronti di due persone (padre e figlio) di nazionalità italiana, pizzicati per avere cercato di importare illecitamente panetti di hashish, infiorescenze, oli e resine.

Dei 410 chili di merce intercettati, 280 kg sono risultati con principio attivo di THC oltre al valore consentito (0,5%).

Come scrivono in una nota i finanzieri del Comando provinciale di Como, l'inchiesta ha fatto emergere «l’esercizio abituale e sommerso di un’attività di importazione illecita di ingenti quantitativi di cannabis e derivati dalla limitrofa Svizzera».

Il metodo della "staffetta" per passare la frontiera e i transiti all'alba - Il metodo di transito per passare il confine con le sostanze era rodato: attraverso i sistemi di videosorveglianza gli uomini della Guardia di Finanza hanno notato diversi passaggi anomali degli indagati che venivano effettuati quasi sempre in orari notturni e alle prime luci dell’alba.

«Per eludere i controlli delle forze dell’ordine, infatti, gli stessi, dal loro ingresso fino al luogo di destinazione dei relativi carichi, attuavano il metodo della "staffetta", ossia percorrendo il tragitto a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, in modo da permettere al primo veicolo di effettuare la “bonifica” del percorso e verificare l’eventuale presenza di posti di controllo» raccontano i finanzieri.

«L’assenza di documentazione di trasporto e l’incongruenza delle dichiarazioni fornite sia sul luogo di origine che
di destinazione finale della merce» insospettiva gli agenti, che avviavano approfondimenti investigativi «finalizzati alla ricostruzione dell’illecita filiera».

In particolare, la merce, una volta importata sul territorio nazionale, «veniva spedita attraverso ignare società di logistica a centinaia di clienti finali (in alcuni casi attività commerciali) del nord-Italia nonché unionali (Repubblica Ceca, Ungheria e Austria)».

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