22 anni e milioni di follower: «L’influencer? Lavoro privilegiato, ma non è semplice come sembra»

La giovane ticinese Valeria Vedovatti è un’influencer ormai affermata. «Ho iniziato a 14 anni, filmando scenette comiche nella mia cameretta».
La giovane ticinese Valeria Vedovatti è un’influencer ormai affermata. «Ho iniziato a 14 anni, filmando scenette comiche nella mia cameretta».
LUGANO - È nata e cresciuta a Lugano e ha solo 22 anni. Eppure ha già 3 milioni di follower su TikTok, 1,3 milioni di follower su Instagram e 785mila iscritti al suo canale Youtube.
Valeria Vedovatti, ospite di questa nuova puntata di TioTalk, ci ha parlato della sua professione di influencer, dei social media e della sua lotta contro l’anoressia.
«Sono giovane, ma il mio percorso nel mondo dei social è iniziato quando avevo solo 14 anni», racconta. «Mi riprendevo per gioco, dalla mia cameretta nel Malcantone, mentre facevo delle scenette comiche e mostravo cosa avevo nello zaino di scuola. Cose molto normali e tranquille. Poi a un certo punto ho chiesto ai miei genitori il permesso di pubblicare i miei video su Youtube, e dopo qualche resistenza ho ottenuto il via libera».
«Una bambina che non pensava ad apparire» - Per Valeria la chiave del successo «è stata la naturalezza e la spontaneità di una bambina che non pensava ad apparire». Ma a giocare a suo favore è stato anche un certo intuito. «Da subito, inconsapevolmente, ho individuato quelli che erano i trend del momento. Facevo video "challenge" come “mangio solo cibo arcobaleno per 24 ore” o “mangio solo gelato per 24 ore”. Mi inventavo contenuti creativi, fuori dagli schemi, che sicuramente mi hanno premiato. Questo percorso però mi ha messo tante volte alla prova e mi ha portata più volte a reinventarmi».
"Ma non parli lo svizzero?" - E anche se la maggior parte dei suoi follower sono italiani, attraverso i social Valeria si è espressa più volte sul Ticino e sulla Svizzera. «Mi piace parlarne perché nonostante Svizzera e Italia siano vicine e la Svizzera italiana abbia tanti elementi in comune con l’Italia, ci sono delle diversità. Mi fa ridere, poi, il fatto che ancora oggi in molti non sanno che in Svizzera si parla l’italiano. Mi capita ancora spesso di sentire “Ma perché parli italiano se sei svizzera?", "Non parli lo svizzero?”».
E non manca una buona dose di ironia: «Ho anche fatto delle gag sulle diverse parole che usiamo solo qui, come zacky-boy, classeur, natel, ghette,...».
Intanto, però, gli influencer vengono spesso criticati e presi a male parole. C’è chi dice che guadagnano troppo facendo poco e che danno il brutto esempio ai giovani. «Come in tutti gli ambiti non si può fare di tutta l’erba un fascio», sottolinea Valeria. «È vero che esistono dei cattivi esempi, ma non è in tutti i casi così».
«Non abbiamo colpa» - Per quanto riguarda invece i guadagni «forse risulta difficile comprendere che il mercato è cambiato e che, se prima si facevano delle pubblicità in televisione di 10 secondi, oggi molte aziende preferiscono spalmare quello stesso budget su più persone che hanno una community fidelizzata. È un mercato che funziona e che si sta espandendo, e non si può farne una colpa a chi crea i contenuti».
«Retribuzione molto buona, ma non è così immeritata» - Certo, ammette Valeria, «quello dell’influencer è sicuramente un lavoro privilegiato, se ti piace quello che fai». Ma, sottolinea, «non è sempre semplice come sembra».
«Non è solo un raccontare due cavolate, c’è del lavoro dietro, soprattutto se si vuole creare un percorso a lungo termine. Io dò valore alla retribuzione e riconosco che rispetto ad altre professioni può essere molto buona, però secondo me non è così immeritata, perché dietro c’è tanto, anche se non si vede».
Va detto, poi, che Valeria è entrata in questo mondo quando ancora non era così sviluppato. «A 14 anni non potevo immaginare nulla di tutto ciò. Questo mercato era molto indietro, ed è cresciuto tanto soprattutto negli ultimi anni».
L'anoressia e il ricovero al Civico - Ma, al di là dei contenuti leggeri, c’è di più. Sui social, e anche attraverso un libro, Valeria ha raccontato di un passato in cui ha sofferto di anoressia.
«Mi sono ammalata a 12 anni, quando non sapevo neanche cosa fossero i disturbi alimentari. Non è mai stata una cosa legata all’aspetto estetico, anche perché io sono sempre stata minuta. Il cibo a volte è solo un modo per controllare un qualcosa che dentro di te non puoi controllare, è una sorta di valvola di sfogo. Non sapevo neanch’io cosa stava succedendo, capivo che c’era qualcosa di strano ma non volevo chiedere aiuto. A farlo per me è stata quindi mia mamma, che mi ha portata di forza all’Ospedale Civico di Lugano, dove sono stata per due mesi».
La riabilitazione - A questo ricovero è quindi seguito un lungo percorso. «Il mio canale Youtube è stato creato quando ero ancora in fase di recupero e il mio corpo era molto debole. I miei genitori mi hanno dato il permesso di aprirlo proprio perché era una delle poche cose che mi rendeva felice e che potevo fare stando seduta».
«Tante persone si sono ritrovate nelle mie parole» - Tramite i social Valeria cerca quindi di fare sensibilizzazione sul tema. «Ho trovato tante persone che si sono ritrovate nelle mie parole o che stavano affrontando la malattia e si sono sentite meno sole. Chiaramente poi bisogna rivolgersi a degli specialisti: io mi sono fatta aiutare da dottori, psicoterapeuti e nutrizionisti. E senza di loro non ne sarei mai uscita».







