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PONTE CAPRIASCAIl suo dramma sconvolse la Svizzera: ora è in lista per le elezioni

13.02.19 - 07:10
Andrea Bertozzi è l’uomo che, nel dicembre 2002, perse la moglie incinta di due gemelli, assassinata da un killer su mandato. Ecco come ha voltato pagina e perché si è lanciato in politica
Il suo dramma sconvolse la Svizzera: ora è in lista per le elezioni
Andrea Bertozzi è l’uomo che, nel dicembre 2002, perse la moglie incinta di due gemelli, assassinata da un killer su mandato. Ecco come ha voltato pagina e perché si è lanciato in politica

PONTE CAPRIASCA – Il suo nome spicca in maniera eclatante sulla lista del PPD per il Gran Consiglio ticinese. Andrea Bertozzi, 44 anni, di Ponte Capriasca, non è un candidato qualunque. Bertozzi è l’ex marito di Flavia, la donna incinta di due gemelli uccisa la sera del 3 dicembre 2002. Un delitto che scosse l’intera Svizzera. A commetterlo, il killer ceceno Alexander Bacaev, assoldato dal rumeno Klaus Ingo Opris che proprio con Bertozzi, guardia di confine al valico di Chiasso-Brogeda, aveva avuto un diverbio qualche mese prima. Una vendetta tremenda. Atroce.

Il suo nome non poteva passare inosservato. Chi è Andrea Bertozzi oggi?

Sono una persona molto rafforzata, dopo gli avvenimenti del 2002. E continuo a lavorare come guardia di confine, ora in ferrovia, presso il posto di Chiasso. Rispecchio la normalità. Tanto che chi mi ha conosciuto dopo i fatti, riesce a riallacciarmi a quella situazione solo dopo diverso tempo. Alcuni mi chiedono addirittura se sia un parente di quel Bertozzi, vivo queste situazioni con un sorriso.

Come è riuscito a voltare pagina dopo una tragedia del genere?

Non si volta pagina. Si convive con le proprie esperienze. All’inizio ho costruito una forte corazza attorno a me, e ho cercato di comportarmi normalmente ricominciando subito a lavorare. È come se si fosse instaurata una sfida psicologica tra me e quell’ignobile personaggio che ha organizzato il delitto. Non potevo mollare.

Un comportamento insolito. Come ha reagito la gente accanto a lei?

Alcune persone non l’hanno compreso e si sono allontanate da me. Al contrario ho avuto tante persone che mi hanno aiutato, da chi conduceva le indagini, agli amici e colleghi che mi sono stati vicini. La gente, dall’esterno, vedeva la tragedia nel suo complesso. Io avevo solo un dato di fatto di fronte.

Cioè?

Avevo perso Flavia, per sempre. C’era un vuoto incolmabile da affrontare. Qualcuno mi ha giudicato per la fretta con cui sono tornato al lavoro. Ma cosa avrei dovuto fare? A casa sarei impazzito. Avevo toccato il fondo. A un certo punto, forse un po’ egoisticamente, ho pensato a come potessi cercare di risalire.

Non ha mai pensato di cambiare mestiere? In fondo il battibecco con Klaus Ingo Opris era frutto di un controllo doganale. Da lì nacque la sua folle vendetta.

No, non ci ho mai pensato. Quella sera eravamo in tre, applicammo il regolamento alla lettera. Quello che è successo a me sarebbe potuto accadere a chiunque. Infatti, Opris e il killer avevano in mente di colpire anche gli altri due miei colleghi, residenti nel Mendrisiotto.  

Con questi due suoi colleghi che rapporto ha oggi?

Abbiamo un rapporto forte. Loro sanno cosa hanno rischiato. Ma non parliamo mai di questa vicenda.

Lei adesso ha una nuova moglie, ha dei figli…

Negli anni successivi la tragedia, ho cominciato a frequentare la montagna assiduamente. Il suo silenzio è stato fondamentale per ritrovare me stesso. Quando si sta bene nel proprio intimo, le cose belle arrivano da sole. E così è stato con mia moglie Roberta che piano piano è entrata nella mia vita. Abbiamo 2 figli, Giada (12) e Natan (8). Giulia (16) è cresciuta con me da quando aveva 2 anni ed è frutto del precedente matrimonio di mia moglie.

Dopo una parentesi a Camignolo, è tornato a vivere a Ponte Capriasca. Non è un po’ come riaprire una ferita?

No. Ponte Capriasca è casa mia. Io sono molto legato alle mie origini, sono anche parecchio patriottico. Forse è per questo che ho scelto il PPD, un partito tradizionale, che crede nella tutela della famiglia, nell’educazione, nella formazione dei giovani e nella protezione delle nostre radici culturali e cristiane. Mi rappresenta. All’interno del PPD sono schierato a destra, forse a causa della mia professione che mi porta a contatto con situazioni che i media a volte stentano a descrivere obiettivamente.

A cosa si riferisce in particolare?

Credo, ad esempio, che andrebbe fatta una distinzione più chiara tra richiedenti l’asilo e migranti economici.

Perché ha deciso di candidarsi per il Gran Consiglio?

Me lo hanno chiesto. Da qualche anno facevo il consigliere comunale. Mi piace mettermi a disposizione della comunità e della gente, sono anche presidente della sezione locale del PPD.

Ci indichi due temi politici che le stanno a cuore.

Il ceto medio, che rappresento, è sempre più in difficoltà. Il potere d’acquisto della gente non è più lo stesso di 10 anni fa. Bisogna rivedere gli sgravi e gli aiuti. E forse bisognerebbe anche sensibilizzare le banche nel facilitare le persone a ottenere un credito per costruirsi la propria casa.

Il secondo quale sarebbe?

Ritengo che il Ticino debba fare davvero di più a livello di ecologia. Cercando, ad esempio, di capire le motivazioni di quelle persone che non possono fare a meno di andare a lavorare con l’auto. I mezzi pubblici rappresentano una priorità. Urgono più collegamenti tra gomma e ferrovia.

Non teme che la sua candidatura, visto il suo passato, possa essere in qualche modo strumentalizzata?

No. La gente ha sempre detto e pensato ciò che voleva. Non mi fanno più paura i pregiudizi.  

Flavia continua a essere ricordata grazie a parenti e amici che portano avanti un'associazione benefica in sua memoria. Lei non ne fa parte. Perché?

Ne ho fatto parte all’inizio. Poi col tempo sono nate discussioni sempre maggiori con i famigliari di Flavia. Io volevo un’associazione che ricordasse Flavia positivamente e non sempre e solo collegandola alla tragedia.

Non le dispiace essere uscito di scena?

No, perché l’associazione lavora molto bene. Fanno davvero cose egregie. Ho mollato solo per una divergenza di idee. Non per altro.    

Klaus Ingo Opris e Alexander Bacaev continuano a essere in carcere. Opris, quale mente del delitto, ci resterà per sempre. Le capita di pensare a loro?

Raramente. E quando ci penso, spero che muoiano al più presto. Non li perdonerò mai. Non si può perdonare una cosa del genere.

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