Corsa al cemento: ogni secondo scompare mezzo metro di suolo

Serre, allevamenti intensivi, palazzi, ma anche fertilizzati, traffico e pesticidi: ecco come stiamo mettendo a rischio il nostro territorio. Pronatura: «Oltre un quinto del cemento che vediamo oggi un tempo occupato da aiuole, prati, alberi»
BERNA - Mezzo metro quadrato al secondo: è questa la velocità con cui in Svizzera il suolo viene consumato. A farne maggiormente le spese sono i terreni agricoli: secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), metà della perdita riguarda proprio queste superfici, mentre oltre un quinto è imputabile alle aree abitative e industriali. Le cifre sono impressionanti: strade, tracciati ferroviari, piazze e infrastrutture comportano una perdita di quasi 18 chilometri quadrati di suolo all’anno, un’area superiore alla superficie del lago di Sempach. Senza considerare il deterioramento qualitativo del terreno, sempre più minacciato da pesticidi, fertilizzanti, traffico e acidificazione. Il 5 dicembre di ogni anno ricorre la Giornata internazionale per sensibilizzare verso questa risorsa preziosa per il pianeta e per chi vi abita.
«Negli ultimi decenni – spiega Elena Strozzi di Pro Natura – abbiamo assistito a un boom urbanistico. In alcune regioni si nota una stabilizzazione, ma in altre il consumo di suolo continua a crescere. Soprattutto in campo agricolo. È un paradosso: da un lato si protegge il terreno per la produzione di cereali e ortaggi, dall’altro lo si occupa per costruire serre o grandi stalle. Ma il suolo - sottolinea - non è una risorsa infinita».
Minacciata la biodiversità - Un altro fattore che alimenta l’impermeabilizzazione riguarda l’edificazione nelle aree insediative, frutto dello sviluppo centripeto dei centri abitati. Basti pensare che poco più di un quinto dei suoli oggi sigillati era un tempo occupato da aiuole, prati, alberi o piccole strutture: spazi verdi cruciali per il tempo libero, la biodiversità, l’ombra durante le ondate di calore e l’assorbimento delle piogge intense.
Negli ultimi decenni i comprensori abitativi attorno alle città svizzere si sono estesi notevolmente e oggi coprono un terzo del territorio nazionale. Tra il 1985 e il 2018 queste superfici sono aumentate quasi di un terzo. Le aree residenziali, secondo l’UFAM, hanno registrato addirittura una crescita del 61%, il doppio rispetto alla crescita demografica. Nonostante un leggero rallentamento negli ultimi trent’anni, la superficie residenziale infrastrutturale pro capite è passata da 391 metri quadrati nel 1986 a 396 nel 2018, fino agli attuali 46,6 m² per persona.
La maggior parte degli abitanti vive e lavora negli agglomerati urbani. Qui, spazi verdi pubblici e privati, percorsi nella natura e zone agricole o forestali rappresentano l’indispensabile contrappeso a quartieri densamente edificati e intensamente utilizzati.
Direttive chiare a livello cantonale e federale - «Con la prima revisione della legge sulla pianificazione territoriale (LPT) – prosegue Strozzi – si è cercato di limitare l’espansione urbana sui terreni agricoli fertili, promuovendo una maggiore densità edificatoria negli agglomerati. Tuttavia, la sfida resta: come gestire il suolo dentro le città? Non basta evitare di costruire in campagna e spostare tutto nei centri senza una pianificazione adeguata».
Sul fronte della pianificazione, osserva, «i piani direttori cantonali e comunali devono dare direttive chiare e restrittive sull’uso del suolo. In agricoltura occorre valutare capi di bestiame e produzione, favorendo soluzioni che proteggano i terreni e riducano l’impermeabilizzazione. Nell’edilizia servono densificazione mirata, spazi condivisi e una gestione attenta del verde urbano. Anche la gestione forestale può essere migliorata».
Grandi lacune nella raccolta dati - A ciò si aggiungono «importanti lacune nella raccolta dei dati. A livello nazionale, i rilevamenti delle attività di costruzione e trasformazione al di fuori delle zone edificabili avvengono ogni 10-15 anni; una mappatura completa dei suoli è prevista solo tra il 2029 e il 2049. È indispensabile migliorare la conoscenza del suolo, anche nei singoli cantoni come il Ticino, per poter pianificare in modo efficace».
La vera sfida, conclude, è «trovare un equilibrio tra sviluppo urbano, produzione agricola e conservazione della natura. L’elevata biodiversità nel suolo favorisce non solo la natura ma anche l’uomo».




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