«Truffare gli anziani era un lavoro». In aula parla un truffatore

È stato condannato a tre anni e mezzo per aver sottratto un milione di franchi a persone anziane. A processo ha raccontato la sua storia e le dinamiche della truffa.
AARAU - Abbiamo spesso riferito di anziani che sono stati vittime della truffa del "falso nipote". Non sempre i truffatori riescono ad essere beccati. Le indagini sono spesso lunghe e in alcuni casi non si riesce a risalire all'identità dei malviventi perché vivono in paesi lontani. Quando invece accade che vengano presi, e portati a processo, diventa interessante scoprire le dinamiche e le intenzioni di queste truffe, e il vissuto dei truffatori. Ieri il Tribunale distrettuale di Aarau ha condannato a tre anni e mezzo di carcere un 38enne Marcin K., conosciuto con il soprannome di “Lolli”. L'uomo ha truffato decine di anziani in tutta la Svizzera, estorcendo complessivamente circa un milione di franchi.
Il truffatore operava all’interno di una famiglia di origine ungaro-polacca. Già suo padre aveva truffato parecchi anziani. La tecnica è nota: «Indovina chi è?» sarebbe la frase d’apertura con cui gli anziani, pronunciando il nome di un familiare, finiscono intrappolati in una narrazione inventata e in una presunta richiesta urgente di denaro. In Svizzera, almeno undici anziani in sette Cantoni sono caduti nella trappola orchestrata da Marcin e dai suoi complici. Il bottino complessivo: circa un milione di franchi.
Una vittima derubata di oltre 300’000 franchi - Il caso più grave riguarda una donna del Canton Berna, oggi deceduta, che consegnò a Marcin K. e a suo padre – entrambi spacciandosi per un inesistente “nipote Viggo” – gioielli e contanti per oltre 300’000 franchi. La banca aveva inizialmente rifiutato il prelievo di 200’000 franchi in contanti, ma i due uomini insistettero con la vittima in una trentina di telefonate, fino a convincerla.
«Era lavoro, come in un call center» - Davanti al Tribunale distrettuale di Aarau, l’imputato si è detto pentito e ha raccontato di essere stato coinvolto già da adolescente nel sistema di truffe della famiglia. «Per me era lavoro. Come in un call center», ha dichiarato, sostenendo che in Polonia, non avrebbe avuto reali prospettive professionali. Con ottime conoscenze del tedesco – avendo trascorso l’infanzia in Germania – sceglieva intenzionalmente vittime con cognomi germanofoni e si spacciava per un parente residente oltreconfine.
Il suo ruolo era diventato ben presto centrale: pianificava gli “interventi” con il padre e inviava gli “incaricati al ritiro” a riscuotere contanti e gioielli. L’atto d’accusa elenca 32 vittime: sei nel Canton Zurigo, sei nel Canton Berna e due nella zona di Basilea. In 21 casi il tentativo fallì grazie al rifiuto della vittima di consegnare il denaro.
Una rete criminale europea e un lungo percorso giudiziario - La famiglia non operava solo in Svizzera: anche Germania, Austria e Lussemburgo erano interessate dalle attività fraudolente, portando a un coordinamento internazionale delle autorità. Marcin K. fu arrestato a Budapest quattro anni dopo il primo episodio accertato. La pena inflitta ieri – tre anni e mezzo – appare relativamente bassa, ma si aggiunge a una precedente condanna tedesca: nel 2016, infatti, era stato estradato e condannato a 12 anni e mezzo per 40 truffe. Dopo averne scontati oltre nove, quest’estate è stato trasferito in Svizzera. «Sommando le due sanzioni, la pena complessiva raggiunge i 16 anni», ha sottolineato il procuratore.
Pentimento e promessa di risarcimento - A suo favore, il Tribunale ha riconosciuto il pentimento. Già durante il processo ad Amburgo aveva confessato e chiesto scusa alle vittime. Lo ha fatto anche ad Aarau. «Vedere le persone in aula mi ha fatto capire davvero cosa ho fatto. Al telefono è diverso», ha ammesso. Ora dice di volersi rifare una vita e risarcire il più possibile. Un impegno che potrebbe richiedere anni, vista l’entità dei danni.




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