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SVIZZERA

I giganti della farmaceutica svizzera temono il ritorno di Trump

Lo spettro dei dazi commerciali agitato dal prossimo presidente degli Stati Uniti anima i mercati elvetici.
TiPress
Fonte BLICK
I giganti della farmaceutica svizzera temono il ritorno di Trump
Lo spettro dei dazi commerciali agitato dal prossimo presidente degli Stati Uniti anima i mercati elvetici.

BASILEA - Mancano ancora poche ore alla cerimonia di insediamento che riconsegnerà a Donald Trump di fatto le chiavi della Casa Bianca. Dopo settimane di attesa, scongiuri e ipotesi, sarà possibile finalmente capire le vere intenzioni del tycoon riguardo ai tanto annunciati dazi commerciali che, secondo le sue stesse dichiarazioni durante la campagna presidenziale, vorrebbe imporre non solo alla Cina, ma anche all’Europa. 

Il peso della farmaceutica svizzera - Un’incertezza che ha invaso le case farmaceutiche svizzere che guardano alla politica commerciale del presidente con preoccupazione. Dall'inizio degli anni 2000, la quota statunitense delle esportazioni farmaceutiche svizzere è infatti più che raddoppiata. Nel 2022, più di un quarto delle esportazioni, per un totale di 109 miliardi di franchi, è approdato sulle coste a stelle e strisce. 

Perplessità che l'amministratore delegato di Interpharma René Buholzer ha cercato, durante la conferenza stampa di inizio anno, di stemperare. «La Svizzera investe ogni anno più di 14 miliardi di franchi svizzeri in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti ed esporta prodotti farmaceutici per un valore di 28 miliardi di franchi svizzeri, che sarebbero messi a rischio da misure protezionistiche. Entrambi i Paesi hanno quindi interesse a una cooperazione valida e sostenibile».

Rischi o possibilità? - Le parole di Buholzer nascondono però qualche preoccupazione. Secondo le indagini di Open Secrets, i giganti farmaceutici elvetici sono tra le aziende più attive a Washington nei negoziati con il futuro inquilino della Casa Bianca. «Le nostre filiali negli Stati Uniti continueranno a lavorare con la nuova amministrazione per sostenere politiche che rimuovano le barriere all'accesso dei pazienti, creino un sistema sanitario più equo e conveniente e consentano alla nostra industria di continuare a innovare a favore dei pazienti», ha spiegato invece l’ufficio stampa di Roche alla SonntagsBlick.

Insomma non si è rimasti con le mani in mano. E anche l’amministrazione federale sembrerebbe essersi già mossa. «Negli ultimi mesi, la nostra ambasciata si è impegnata attivamente per ampliare ulteriormente questa rete di contatti, in modo da consentire ai membri del Consiglio federale e agli altri rappresentanti ufficiali della Svizzera di avviare un dialogo rapido e costruttivo con le loro future controparti», ha spiegato al domenicale Fabian Maienfisch, portavoce della Segreteria di Stato dell'economia (SECO).

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