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SVIZZERA

«Rabbia e frustrazione sempre più grandi», Svizzera sull'orlo di uno sciopero nazionale?

I prezzi stanno esplodendo e i salari non tengono il passo. Per la sinistra e i sindacati i lavoratori sono al limite.
Tipress
Manifestazione dei lavoratori edili a Bellinzona
«Rabbia e frustrazione sempre più grandi», Svizzera sull'orlo di uno sciopero nazionale?
I prezzi stanno esplodendo e i salari non tengono il passo. Per la sinistra e i sindacati i lavoratori sono al limite.
BERNA - Lo sciopero nazionale svizzero risale a più di 100 anni fa. Tra il 12 e il 14 novembre 1918 250'000 persone sono scese in piazza chiedendo salari più alti e orari di lavoro più brevi. La Prima Guerra Mondiale aveva a...

BERNA - Lo sciopero nazionale svizzero risale a più di 100 anni fa. Tra il 12 e il 14 novembre 1918 250'000 persone sono scese in piazza chiedendo salari più alti e orari di lavoro più brevi. La Prima Guerra Mondiale aveva appena devastato l'Europa, l'inflazione imperversava e l'influenza spagnola stava mietendo migliaia di vittime.

E oggi? Poco più di 100 anni dopo, la Svizzera si trova in una situazione molto simile. I prezzi sono in aumento e la pandemia di Coronavirus e la guerra in Ucraina hanno gettato a mare molte presunte certezze. Naturalmente, il livello di prosperità è enormemente più alto rispetto a 100 anni fa. Ma la frustrazione e la volontà di sciopero sono in deciso aumento.

Raramente si sono verificate così tante minacce di sciopero come quest'anno nelle grandi aziende, confermano i sindacati. Prima i dipendenti di Swissport, poi gli operai dell'edilizia, mentre per la Swiss la minaccia di uno sciopero dei piloti è ancora incombente.

Il 90% dei lavoratori resta al palo - «La rabbia e la frustrazione sono grandi», afferma la sindacalista e consigliera nazionale Katharina Prelicz-Huber. I guadagni derivanti dall'aumento della produttività e dalla digitalizzazione non hanno infatti raggiunto affatto i lavoratori.

«Mentre l'1% dei lavoratori, i quadri di alto livello, ha registrato aumenti salariali del 40% dagli anni '90, e il successivo 10% aumenti del 20%, i salari reali del restante 89% dei dipendenti sono rimasti gli stessi o sono addirittura diminuiti». 

Un flusso che ha già preso il via - Diversi gruppi stanno già scendendo in piazza, afferma la consigliera nazionale Tamara Funiciello. Che si tratti dello sciopero delle donne, che ha mobilitato centinaia di migliaia di persone, o dello sciopero per il clima. «Queste persone vogliono un'economia che soddisfi i loro bisogni, e non solo quelli degli azionisti e degli investitori».

Queste preoccupazioni comuni stanno portando a una maggiore cooperazione e a un movimento a livello nazionale. Funiciello non vuole usare il termine «sciopero nazionale», ma, afferma: «Consiglio vivamente ai datori di lavoro di venire incontro ai lavoratori, altrimenti ci saranno molte altre lotte e scioperi di questo tipo».

«Basta tirare la corda» - Uno sciopero nazionale, sottolineano gli intervistati, resta comunque sempre l'ultima risorsa. Quando si sciopera, si rischia infatti il posto di lavoro o la carriera. Incrociare le braccia è anche estremamente faticoso per tutte le persone coinvolte e non siamo ancora arrivati a un livello di disperazione tale da indurre uno sciopero nazionale. «Se i datori di lavoro esagerano a un certo punto la gente ne avrà abbastanza, è così e basta», afferma però la presidente di Unia Vania Alleva.

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