Fa troppo caldo, anche per le donne anziane

Parliamo con una protagonista dell'associazione Anziane per il clima Svizzera, in occasione della proiezione del documentario “Trop Chaud” al FFDUL.
Parliamo con una protagonista dell'associazione Anziane per il clima Svizzera, in occasione della proiezione del documentario “Trop Chaud” al FFDUL.
LUGANO - Una lunga battaglia legale in Svizzera, culminata da un processo alla Corte dei diritti dell'uomo a Strasburgo. È il percorso dell'associazione Anziane per il clima Svizzera, che il 9 aprile 2024 è riuscita a ottenere una delle vittorie giudiziarie più significative del 21esimo secolo. Per la prima volta un governo è stato condannato per non aver adeguatamente protetto i suoi cittadini e le sue cittadine dagli effetti del cambiamento climatico.
Ma come si è arrivati a questo punto? Dopo anni di immobilismo politico da parte della Confederazione, le Anziane per il clima hanno deciso di intraprendere la via legale e denunciare Berna per non aver implementato gli accordi di Parigi. Un lungo ed estenuante percorso raccontato nel documentario "Trop Chaud", che sarà presentato durante il Film Festival Diritti Umani Lugano (FFDUL) il 16 ottobre e proiettato nelle sale cinematografiche ticinesi a partire dal 13 novembre.
Per l'occasione abbiamo parlato con una delle protagoniste ticinesi dell'associazione, Norma Bargetzi.
Signora Bargetzi, la Svizzera non fa abbastanza per proteggere la sua popolazione dagli effetti del cambiamento climatico. È un fatto accertato, anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Come mai la politica svizzera è così reticente a implementare gli accordi di Parigi?
«È una bella domanda. La si dovrebbe porre ai nostri rappresentanti... Noi ci siamo limitate a constatare che dopo la ratifica degli accordi da parte della Svizzera, non si stava smuovendo niente. Così abbiamo intrapreso la via legale. E dopo essere passate da tutte le autorità giudiziarie nazionali, e aver ottenuto numerosi rifiuti, abbiamo denunciato la Confederazione presso la CEDU».
La sentenza si è rivelata di portata storica. Mai prima d'ora una Nazione era stata giudicata colpevole di non aver adeguatamente protetto la sua popolazione dagli effetti del cambiamento climatico. Ma come è stata recepita questa decisione alle nostre latitudini?
«Ricordo che il presidente dell'UDC Marcel Dettling aveva dichiarato che Berna sarebbe dovuta uscire dal Consiglio d’Europa. Fatemi capire bene... La CEDU dà una sentenza che non piace e noi usciamo dal Consiglio d’Europa? Ma stiamo scherzando? Questa è stata una delle prime reazioni. Ma ce ne sono state molte altre. Messaggi di sostegno, ma anche esternazioni misogine. Come il fatto di essere le vecchiette sessantottine che non riescono a lasciare andare... Una chiara denigrazione della donna anziana. E un mancato riconoscimento che siamo donne con un passato non solo di attivismo, ma anche professionale e politico».
Effettivamente, sia la stampa che i politici svizzeri hanno duramente criticato la decisione della Corte. Secondo lei, queste critiche erano giustificate?
«Ricordo di essermi vergognata dei nostri rappresentanti a Berna. Alcune dichiarazioni erano di un'ignoranza indicibile. Una parlamentare aveva screditato la sentenza della CEDU, affermando che le donne africane erano soggette a temperature più elevate, e che sarebbero dunque dovute essere già morte. Un altro parlamentare, invece, aveva detto che le Anziane per il clima sembravano essere in gran forma e non affatto soffrire degli effetti del cambiamento climatico. Ecco... Siamo rimaste molto deluse, soprattutto della decisione di invitare il Consiglio federale a non implementare la sentenza. Ricordo che quel giorno sono arrivata a Berna direttamente dalla Val Bavona, dove si era appena consumata la tragedia causata dal maltempo. E proprio quel giorno la Svizzera decide di non applicare la sentenza? Ricordo di aver provato una profonda tristezza».
Quali sono gli ultimi sviluppi? Il dipartimento dell'Ambiente, dei Trasporti, dell'Energia e delle Comunicazioni (DATEC) aveva dichiarato che si sarebbe chinato sulla questione assieme al Dipartimento di Giustizia. Ma da allora non è trapelato molto…
«Ci sono stati degli scambi, in cui il Consiglio federale ha sempre affermato di fare abbastanza per salvaguardare la popolazione dagli effetti del cambiamento climatico, anche se non ha mai elaborato il suo budget di carbonio, una prerogativa obbligatoria, decisa durante gli accordi di Parigi. C’è dunque stato uno scambio di prese di posizione. E nuovamente la CEDU ha riconosciuto alcuni punti come insufficienti e rimandato i burocrati di Berna a casa a fare i compiti».
In un contesto globale in cui scetticismo e complottismo si moltiplicano a dismisura, che futuro ha il movimento ambientalista?
«Per noi è una questione di solidarietà, non soltanto di protezione delle persone anziane. C’è tutto il discorso della giustizia sociale, anche se questo viene sempre più "annacquato" a livello internazionale. Ma nel piccolo ci sono molte persone interessate a salvaguardare le opportunità delle generazioni future. La speranza vive, anche in Ticino».




