Una pausa dal dolore mestruale? Il Parlamento dice no

La mozione, presentata lo scorso anno dai deputati socialisti Mattea David e Yannick Demaria, ne chiedeva l’istituzione per le dipendenti pubbliche.
La mozione, presentata lo scorso anno dai deputati socialisti Mattea David e Yannick Demaria, ne chiedeva l’istituzione per le dipendenti pubbliche.
BELLINZONA - Alla fine, è arrivata la bocciatura. L’aula ha respinto l’introduzione del congedo mestruale retribuito per le lavoratrici dell’amministrazione cantonale, approvando con 56 voti il rapporto di maggioranza.
La proposta - La mozione, presentata lo scorso anno dai deputati socialisti Mattea David e Yannick Demaria, ne chiedeva l’istituzione per le dipendenti pubbliche che soffrono di dismenorrea, «consentendo» l’astensione dal lavoro «per un massimo di tre giorni senza certificato». Con un'indennità corrispondente al 100% della retribuzione contrattata.
L'impatto sulla salute - Durante la seduta odierna Demaria ha ricordato l'impatto del dolore mestruale sulla salute delle donne. «Il corpo femminile è stato inglobato nel mercato del lavoro solo a condizione di uniformarsi al modello maschile. Lavorando come se il ciclo non esistesse. Il dolore non è mai stato riconosciuto come un impedimento».
E sui tre giorni di assenza malattia (senza certificato medico) che già sono previsti dalla legge? «Assimilare la dismenorrea alla malattia è una forzatura concettuale». Le lavoratrici sono costrette a usare giorni di malattia per il ciclo. «La donna non è malata in senso clinico».
«Il congedo mestruale è un passo di emancipazione collettiva. Significa riconoscere che il dolore femminile non è marginale. Significa legittimare l'esperienza del corpo femminile. La salute e l’uguaglianza vengono prima del profitto».
La posizione del Governo - In autunno, il Governo si era espresso in maniera contraria. Da una parte, riteneva sufficienti le tutele già presenti. Dall’altra, «una differente regolamentazione - si legge ancora nel messaggio - che privilegi solo determinate patologie o una singola patologia (la dismenorrea), risulterebbe infine discriminatoria verso i colleghi (uomini e donne) che soffrono di altri problemi di salute che possono portare a delle assenze ripetute».
Una posizione riconfermata in aula dal consigliere di Stato Raffaele De Rosa. «L'intenzione da parte del Governo non è quella di sottovalutare l'importanza delle problematiche femminili, ma di affidarsi agli strumenti già esistenti ed efficaci».
La maggioranza della commissione Sanità e sicurezza sociale - Due i rapporti commissionali. Secondo quello di maggioranza, targato UDC, Centro, PLR, Lega (relatrice la democentrista Lara Filippini), la misura avrebbe «un impatto negativo sull'organizzazione del lavoro, con possibili ripercussioni sulla continuità e sulla qualità dei servizi offerti». Il rischio? Il rafforzamento di «stereotipi di genere, contravvenendo agli sforzi per promuovere una reale parità e inclusione nel contesto lavorativo».
«Non è una malattia, ma una condizione fisiologica ricorrente che fa parte della vita di molte donne». Secondo Filippini non possiamo ignorare il rischio di abuso «andando anche a rafforzare il cliché che le donne sono meno affidabili».
La minoranza - Quello di minoranza (relatrice Tamara Merlo, Più donne), siglato da Più Donne, PS, Verdi, vedeva il congedo come «un riconoscimento concreto di una condizione che riguarda una parte significativa della popolazione attiva». Sotto il profilo culturale, la misura contribuirebbe a superare il tabù che ancora circonda il ciclo mestruale. Inoltre, darebbe «dignità a un’esperienza fisiologica che non deve più essere nascosta».
Merlo ha però anche risposto a quanto detto da Lara Filippini in aula. «La dismenorrea non è solo un fastidio. Per parecchie donne le mestruazioni possono essere estremamente dolorose e invalidanti».
Questa misura «non discrimina chi soffre di altre patologie. Ma riconosce una condizione specifica troppo spesso banalizzata o ignorata».





Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.
Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.
Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!