Un viaggio tra realtà, illusione, finzione e follia. Un flop storico riportato in scena in una versione firmata da Gabriele Russo
LUGANO - Strano destino questo “La grande magia” andato in scena ieri sera al LAC, commedia scritta da Eduardo De Filippo ma che non ha nulla del mondo del grande commediografo napoletano. Un’opera complessa, difficile, scritta nel 1948 che fu un totale flop. Non piacque né al pubblico, né ai critici. “È la commedia che forse mi sta più a cuore e che mi ha dato più dolore”, disse Eduardo, consapevole del fallimento dell’opera: un dramma borghese dalle tematiche decisamente pirandelliane che nulla avevano a che fare con i capolavori di “Filumena Marturano”, “Napoli millionaria” o “Questi fantasmi” scritti solo qualche anno prima. Ci provò perfino Giorgio Strehler a ridare linfa all’opera nel 1985 in una rappresentazione al Piccolo teatro di Milano. L’operazione riuscì, stando alle critiche dell’epoca.
La versione vista ieri sera a Lugano porta la firma di Gabriele Russo, ben consapevole della complessità dell’opera il cui tema è la triste condizione umana, vittima delle proprie ossessioni che la portano alla follia. I protagonisti sono Calogero Di Spelta e Otto Marvuglia. Il primo è un uomo geloso e tormentato dall’infedeltà della moglie Marta. Il secondo è un illusionista che durante uno spettacolo farà scomparire Marta, la quale sfrutterà l’occasione per abbandonare il marito e fuggire con l’amante a Venezia. Quando però Calogero inizierà a richiedere di far ricomparire la moglie, l’illusionista Marvuglia non ha altra possibilità se non quella di fargli credere che la moglie è finita, per magia, prigioniera in una scatola e potrà essere liberata solo se l’uomo mostra un atto di fede sulla fedeltà della moglie. Un dilemma che porta Calogero sempre più verso la confusione, fino alla pazzia: meglio vivere nell’illusione della fedeltà oppure nella verità dell’infedeltà? È meglio aprire la scatola e conoscere la verità, oppure vivere con la scatola chiusa, prigioniero delle proprie illusioni?
Su questo tormentoso dubbio si sviluppa tutto il racconto. Il risultato è un intreccio decisamente cervellotico dove i confini tra realtà, illusione e finzione sono troppo labili, e da un punto di vista narrativo fanno perdere lo spettatore in un labirinto onirico dove a fatica se ne esce fuori. Né l’eccellenza recitativa dei protagonisti – bravissimi Natalino Balasso e Michele Di Mauro, rispettivamente nei ruoli di Calogero Di Spelta e Otto Marvuglia – né le buone intenzioni e la guida registica di Gabriele Russo hanno fatto il miracolo di assistere davvero a “una grande magia” di spettacolo. Si replica stasera alle 20.30 al LAC.