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Alle radici del Mostro

La miniserie di Stefano Sollima su Netflix privilegia la verosimiglianza alla spettacolarità e per questo risulta spiazzante
Alle radici del Mostro
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Alle radici del Mostro
La miniserie di Stefano Sollima su Netflix privilegia la verosimiglianza alla spettacolarità e per questo risulta spiazzante

SAVOSA - La storia irrisolta del Mostro di Firenze vive di ipotesi e di piste. C'è quella che ha visto al centro i "compagni di merende", con Pietro Pacciani che è morto da innocente e le condanne a Mario Vanni e Giancarlo Lotti. C'è la pista esoterica, per la quale gli omicidi e le escissioni sarebbero giustificate dalla necessità di compiere riti occulti e che arriva al punto conclusivo con una morte misteriosa sul lago Trasimeno. C'è quella, piuttosto di moda ultimamente, del serial killer arrivato dall'America e secondo cui il Mostro e Zodiac sarebbero la stessa persona. C'è anche quella che vede nel Mostro una nuova versione della "strategia della tensione" che ha fatto grondare sangue in Italia per quasi vent'anni.

E poi c'è la "pista sarda", che sta alla base della miniserie Netflix ideata da Stefano Sollima (insieme a Leonardo Fasoli) e diretta dal regista di "Suburra" e "Gomorra - La serie". Si parte dal duplice delitto di Baccaiano di Montespertoli del 19 giugno 1982 e da lì si va a ritroso fino al delitto di Lastra a Signa del 1968. Fu 14 anni dopo questo duplice omicidio, che fu giudicato un crimine passionale seppur con delle ombre, che spuntò un possibile legame con l'azione omicidiaria del Mostro di Firenze.

Sollima va a esplorare le radici di questa storia di orrore e morte e lo fa affidandosi alle carte e alle ricostruzioni processuali. La narrazione è metodica, l'incedere lento ma approfondito in quelle che sono le dinamiche tra i protagonisti di questa vicenda. Storie e drammi umani che, intrecciandosi, portano alle condizioni per il delitto e per tutto quello che verrà dopo. L'ambientazione è quasi maniacale e nulla sembra essere stato lasciato al caso.

Se c'è un termine che domina "Il Mostro", è sottrazione. È un racconto di sguardi e sottintesi, di emozioni trattenute che poi esplodono improvvisamente. Sollima non ha fatto ricorso a grandi nomi, ma ha puntato su un cast in grado di fornire la maggior somiglianza possibile ai veri protagonisti del racconto. Particolarmente felici le scelte di Francesca Olia (Barbara Locci) e Valentino Mannias (Salvatore Vinci).

C'è anche un messaggio contro il patriarcato, incarnato proprio nella figura di Barbara Locci. Lei, la vittima femminile dell'omicidio del 1968, è raccontata con più complessità e profondità rispetto a quanto fatto dalle cronache dell'epoca e da molte delle ricostruzioni successive. Non donna dall'irrefrenabile appetito sessuale fine a se stesso, ma giovane che lotta contro soprusi e costumi arcaici, ancora radicati in un'Italia in grande cambiamento.

Non si può affatto dire che "Il Mostro" sia brutto, né che sia realizzato male - come potreste leggere in alcune recensioni di questi giorni. Solo dell'audio di presa diretta si può restare perplessi. Non era quello che vi aspettavate, avvicinandovi alla storia dei delitti che hanno sconvolto la Toscana per 17 anni? Probabile. Non c'è la spettacolarizzazione dei delitti, che pur nella loro tipologia si sarebbero prestati a un certo racconto truculento. Non c'è un compiacimento dell'orrore come nel recente "Monster: la storia di Ed Gein". La freddezza giudiziaria con la quale sono mostrati gli omicidi può risultare sorprendente, proprio per la sua apparente asetticità.

La scelta degli showrunner è precisa: «Crediamo che il racconto della verità, e solo quello, sia l’unico modo per rendere giustizia alle vittime. In una storia dove i mostri possibili, nel corso del tempo e delle indagini, sono stati molti, il nostro racconto esplora proprio loro, i possibili mostri, dal loro punto di vista. Perché il mostro, alla fine, potrebbe essere chiunque». È esattamente ciò che si percepisce, guardando la miniserie e le sue molte versioni di una verità che non è ancora stata scritta.

Viene da pensare che Netflix e Sollima stiano valutando le cifre delle visualizzazioni di questi giorni (in Svizzera è balzata subito in testa alla classifica delle serie tv) per annunciare se ci sarà o meno una seconda stagione. Eventualità che sembra davvero probabile.

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