Cerca e trova immobili
BELLINZONA

«La gente mi riconosce per i social e non per i 10 film che ho fatto»

Maurizio Nichetti domani sera sarà a Castellinaria per presentare il suo ultimo film "Amiche mai" e il biopic "Nichetti quante storie" che il regista Stefano Oddi gli ha dedicato.
Foto M.Nichetti
«La gente mi riconosce per i social e non per i 10 film che ho fatto»
Maurizio Nichetti domani sera sarà a Castellinaria per presentare il suo ultimo film "Amiche mai" e il biopic "Nichetti quante storie" che il regista Stefano Oddi gli ha dedicato.

BELLINZONA - Un ritorno atteso venti lunghi anni: è quello di Maurizio Nichetti, l’eclettico regista e attore protagonista di indimenticabili film come “Ratataplan” o “Allegro ma non troppo”. Il cineasta milanese è tornato dietro la macchina da presa con il road-movie “Amiche mai”, la storia della veterinaria Anna (Angela Finocchiaro) costretta a intraprendere un viaggio in macchina attraverso i Balcani insieme ad Ayse (Serra Yilmaz), la badante turca del padre defunto. Il film sarà proiettato domani sera a Castellinaria (ore 20:00, Mercato coperto di Giubiasco), preceduto alle 18:00 dal biopic a lui dedicato “Nichetti quante storie” del regista Stefano Oddi.

Maurizio Nichetti, parafrasando la battuta di un film di tanti anni fa, cosa ha fatto in tutti questi 20 anni?
«Ho lavorato più degli anni precedenti, perché prima facevo un film ogni due o tre anni, mentre in questo ultimo ventennio sono stato occupato tutti gli anni e lavorando tantissimo. Mi sono occupato di festival del documentario, il Festival del cinema di montagna a Trento, adesso sono anche Direttore artistico di "Visioni del mondo" che è un festival di documentari a Milano. Da sei anni, poi, ho la direzione della sede di Milano del Centro sperimentale di cinematografia e da 14 anni insegno allo IULM con un laboratorio di regia. Tutto questo mi ha obbligato in questi anni a rimanere sempre aggiornato sulle tecnologie, perché andare a parlare con dei ragazzi di vent'anni e raccontargli com'era Ratataplan è inutile».

...E lei che con il suo cinema è sempre stato un "avanguardista" e anche un po' un anticipatore di tempi, anche stavolta non si è fatto trovare impreparato. Sia nel biopic "Nichetti quante storie" che nel road movie "Amiche mai", si è guardato bene dal farsi prendere in contropiede: ha fatto parlare anche le "macchine da presa" da reel dei telefonini cinematografici. Insomma, non è rimasto con il vassoio in mano a rincorrere un tram che era già partito (ndr. scena iconica di Ratataplan).
«Devi parlare il loro linguaggio, per cui io ho imparato a pormi il problema di come si può girare un film con un telefonino. È giusto, non è giusto, com'è il linguaggio. Perché ci sono dei pro e dei contro. Cioè, quando giravi in pellicola avevi la troupe, quando giri in digitale puoi anche girare da solo. Bisogna prendere il meglio di quello che la tecnologia ti dà, cercando di non perdere la propria cifra stilistica, il proprio gusto, la voglia di fare una cosa personale. Questa è la spiegazione di come sono entrati i telefonini content creator in questa storia».

A suo modo lei rivisita la tradizione della commedia all'italiana (nell'accezione più virtuosa e valorizzante del termine) e del road-movie, con un andamento quasi western: incontri, soste, ripartenze, confini da attraversare, imprevisti. Le nostre eroine - che si guardano sempre un po' con sospetto - alla fine però uniscono le forze e se la cavano sempre, conoscendosi anche un po' di più.
«Questi continui aggiustamenti dell'opinione che le due donne hanno una dell'altra e che le accompagna per tutto il film, sostengono tutta la trama. Poi trattandosi di una commedia avvengono degli incontri sempre ironici e sotto-sotto è una sorta di dichiarazione che anche la persona che sembra più diversa da noi, se la conosciamo bene, se ci stiamo in macchina per sette giorni, forse la scopriamo davvero».

Il tema del viaggio, sotto il profilo della costruzione narrativa del film, permette alla sceneggiatura di divincolarsi e offrire maggiori probabilità di punti di svolta al regista. L'essere in cammino produce - rispetto al punto di partenza iniziale - anche un cambiamento nella vita dei personaggi. Quando ha cominciato a pensare a "Amiche mai" aveva già in mente questa strategia?
«Era il soggetto originale. Per cui, un viaggio di conoscenza reciproca e di riavvicinamento di due opposti, perché all'inizio hanno due culture diverse e vengono da Paesi diversi e sembrano nemiche, insomma cioè molto lontane. Poi in realtà si capisce che anche la badante al suo Paese ha degli affetti, delle motivazioni alla sua ricerca di soldi, per cui insomma si scoprono più simili e poi soprattutto si scoprono dello stesso genere, cioè sono due donne sole, abbandonate per motivi diversi da dei compagni o mariti e c'è una sorta di solidarietà di genere anche che durante il viaggio si esplicita sempre di più. Nel momento in cui Angela scopre che il marito la tradiva, l'altra la sostiene perché tutto sommato evidentemente lei il suo matrimonio l'aveva risolto da tanti anni».

Come è nata l'idea di fare questo film?
«Il film è nato quando cinque o sei anni fa Angela (ndr. Finocchiaro) mi ha detto "perché non facciamo un altro film insieme?". E io le ho risposto "sì, però facciamo una storia piccola, perché non troveremo tanti soldi per farlo". Quello che mi sembrava più abbordabile era un road movie con due attrici e una piccola troupe che pedina quasi in chiave documentaristica il loro viaggio».

E come in tutti i viaggi, anche il viaggio produttivo ha avuto i suoi imprevisti: lo sviluppo del film s'imbatte a un certo punto sul "cataclisma" del Covid. Non si può più viaggiare e un road-movie senza il viaggio non può stare in piedi...
«Esatto. Chiudono le frontiere e noi al primo anno di blocco ci siamo detti: "È passata la peste, passerà anche il Covid". E infatti dopo un anno è passato. A quel punto lì abbiamo cominciato a entrare in produzione. Il primo problema che avevamo era di formare una coppia di protagoniste che avesse una bella chimica. Guardando la sceneggiatura originale ci siamo chiesti: "Le badanti da che Paesi arrivano? Di solito arrivano dai Paesi dell'Est". Per cui Ucraina, Moldavia, Bielorussia. A febbraio del 2021, mentre stavamo facendo i cast per cercare la nostra badante, scoppia la guerra in Ucraina. Siccome la storia del film ci avrebbe portato in quei Paesi e volendo girare in presa diretta con attrici che comunque parlassero anche italiano e conoscessero l'Italia, mi sono detto: "Finirà la guerra". E invece non è andata come auspicavamo. E così, non potendo andare a prendere la nostra badante nelle Filippine, siamo finiti in Turchia, spostando anche la città di partenza delle due donne da Milano a Trieste per essere più vicini alla prima frontiera da attraversare, quella che conduce in Slovenia».

Trieste però finisce sotto un'alluvione proprio quando dovevate iniziare le riprese
«Il giorno che siamo arrivati è andato sott'acqua tutto il lungomare. Ho pensato a una persecuzione cosmica...».

Un film fatto con un piccolo budget: non c’è bisogno di grandi “effetti speciali” economici per fare del buon cinema? 
«Io ho un vantaggio: che faccio i film che costano poco. Cioè, non ho bisogno di trovare 10milioni di euro, il costo medio di un film italiano anche non spettacolare. Cifre che io non ho mai avuto in vita mia neanche quando facevo i miei film di maggiore incasso. Per "Amiche mai" io mi sono fatto bastare quello che la produzione mi ha messo a disposizione. Però ho fatto il film che volevo, e non ho cambiato storia o cast per renderlo magari più televisivo per avere l'aiuto economico della Rai piuttosto che di Sky o Netflix. E io sono contento di come è venuto».

Ho notato che ha un certo seguito sui social...
«Oggi va fatta una riflessione: vale ancora la pena di fare un film o è meglio fare i social, è meglio fare dei reel per Instagram? Oggi tu acquisisci più potere avendo dei follower su Instagram piuttosto che facendo un film, perché fai un bel film e magari non lo vede nessuno, ma se fai un buon lavoro sui social la gente ti vede. A me viene in mente "Roma" di Fellini, l'ultima inquadratura che finiva sui tetti delle case piene di antenne della televisione. Cosa voleva dire? Lui era sempre Fellini, faceva sempre un cinema visionario per il grande schermo, ma la realtà era che la gente, ogni famiglia, aveva l'antenna e stavano in casa a guardarsi la televisione. Oggi guardano il telefono e non vanno più al cinema. Io ho aperto un mio profilo Instagram e Facebook: nel giro di un anno sono arrivato a 30mila follower su Instagram e 32-33mila su Facebook e facendo dei reel che riguardano il mio cinema, cosa c'è dietro le quinte. Ho più riscontro di quello, che dei 10 film che ho fatto dal '79 a oggi. Se vado a fare la spesa la gente mi ferma perché ha visto Instagram, non perché ha visto Ratataplan. Non lo dico con gioia ma è così».


Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
Naviga su tio.ch senza pubblicità Prova TioABO per 7 giorni.

Sappiamo quanto sia importante condividere le vostre opinioni. Tuttavia, per questo articolo abbiamo scelto di mantenere chiusa la sezione commenti.

Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.

Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.

Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!
NOTIZIE PIÙ LETTE