
Mauro Repetto, fondatore degli 883, porta in scena un folle musical sulla sua vita, dai villaggi turistici a Disneyland Paris
LUGANO - Qualcuno lo ricorda come il biondino che saltava sul palco del Festivalbar. C'è persino chi lo ha incontrato quando ancora improvvisava spettacolini in qualche villaggio turistico. I più fortunati potrebbero averlo incrociato per le vie di Bevery Hills, alla ricerca di una modella vista su una rivista patinata (e mai incontrata). C'è infine chi sostiene di averlo visto vestito da Pluto in quel di Disneyland Paris (in realtà ha iniziato come cowboy per poi fare carriera, oggi è event executive del parco divertimenti).
Tutto questo e molto altro è Mauro Repetto, fondatore degli 883 assieme a Max Pezzali, colui che molla tutto quando il gruppo cult degli anni '90 ha raggiunto l'apice del successo, per inseguire un sogno, perdersi e poi ritrovarsi. E che il 21 febbraio sbarca al Kursaal di Locarno con uno spettacolo tra teatro e musica: "Alla ricerca dell'Uomo Ragno".
Hai seguito un po’ il Sanremo di Carlo Conti? Per chi facevi il tifo?
«Ero in Italia, tra Livorno, Roma e Milano, a portare il mio spettacolo. Sanremo era sulla bocca di tutti. L'ho seguito e mi è piaciuto. In particolare ho apprezzato Giorgia, ma anche Fedez, che ha portato una canzone che resta in testa. Olly? Credo abbia meritato la vittoria, è forte».
Era l'estate del 1992 quando su una bancarella al mare compravo le mie prime 2 cassette (pirata): “Dangerous” di Michael Jackson e “Hanno ucciso l'Uomo Ragno” degli 883. Sono passati oltre 30 anni e non ci sono più le cassette, non c'è più Michael Jackson... mentre l'Uomo Ragno sembra godere di ottima salute.
«Il suo segreto, ciò che lo mantiene longevo, è sotto la maschera, è Peter Parker. Non sono le ragnatele, non è la capacità di sollevare il martello di Thor, è essere uno come tanti, un ragazzo che alla fine della giornata ce l'ha messa tutta e l'ha fatto con il sorriso sulle labbra. Che pensa: “Domani è un altro giorno”. È anche per questo se gli 883 continuano a piacere».
Un po' è anche merito della serie prodotta da Sky. Che immagino tu abbia visto.
«Il fatto che io veda a teatro dei bambini credo sia merito proprio della serie. Ha permesso di far conoscere ai più giovani questi due menestrelli di Pavia. L'ho trovata fruibile e godibilissima. Chiaramente un po' romanzata, come è ovvio che sia. Ma è divertente e leggera, azzeccata».
Possiamo dire che il tuo è il personaggio più carismatico?
«Beh, è la verità. Chiunque ci abbia conosciuto confermerà che ero la linea di basso del gruppo, il midollo osseo».
Ti ci rivedi? Cosa hai provato nel vedere ricostruito un frammento così importante della tua vita?
«Ho riso e... sì, in quell'energia e sfacciataggine mi ci sono rivisto. Quella leggerezza nell'affrontare delle cose, senza paura, buttandocisi col sorriso sulle labbra, è una caratteristica che l'attore ha ben abbracciato e portato in scena e che credo mi appartenga».
Passiamo allo spettacolo, finalmente canti. E te la cavi.
«Canto, suono, ballo, recito... L'intenzione è quella del musical, della festa. Una festa che è trait d'union col passato, in un percorso che va dai villaggi vacanza, che ripercorre gli esordi degli 883 e che arriva a oggi».
Chi un po' conosce il tuo percorso sa che sei sempre andato a caccia di un sogno. Ora la musica, ora una donna, ora l'arte sotto altre forme, il teatro ad esempio. Ti sei mai chiesto cosa muova questo tuo bisogno espressivo?
«C'è una frase di Sacha Guitry, un commediografo francese, che dice che il momento più bello dell'amore è quando sali sulle scale. Ecco, questa tensione verso qualcosa, il momento che precede la conquista... io sono sempre stato attirato verso questa ricerca. L'ho fatto con gli 883, o quando sono andato ad abitare a Beverly Hills, Miami, New York. Credo che la ricerca di qualcosa sia uno dei percorsi più belli che l'uomo possa compiere».
Sognatore sì, ma anche spirito creativo. Anche in questo caso porti qualcosa di nuovo: l’intelligenza artificiale applicata al teatro.
«Mi dà la possibilità di parlare con il me stesso e con Max di trentacinque anni fa. Che si domandano chi sia questo vecchio pirla che li interpella. Devo quindi farmi riconoscere. Ne viene fuori un dialogo divertente».
Max è venuto a vedere lo spettacolo?
«No, ma io sono andato al suo, al Forum di Assago. Non voglio organizzare nulla, non cerco l’operazione di marketing. Quando verrà, se lo vorrà, sarà il benvenuto».