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LUGANO-LONDRA"Quel giorno quando mi proposero di staccare la spina a mio marito"

26.08.13 - 10:08
Stephen Hawking rivela in un film che nel 1985 dei medici di Ginevra offrirono a sua moglie la possibilità di staccargli la spina. La testimonianza della (ex) signora Hawking
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"Quel giorno quando mi proposero di staccare la spina a mio marito"
Stephen Hawking rivela in un film che nel 1985 dei medici di Ginevra offrirono a sua moglie la possibilità di staccargli la spina. La testimonianza della (ex) signora Hawking

LUGANO-LONDRA - «Fu orribile: i dottori mi chiesero se volevo terminare la vita di mio marito». Quel giorno d’agosto sul lago di Ginevra, Jane Wilde Hawking lo ricorda come fosse ieri. Ma per 28 anni non ne ha mai parlato. No: nemmeno con Stephen. Il leggendario astrofisico in sedia a rotelle (73 anni) ha scoperto solo ora che nel lontano ’85 la sua vita è stata appesa a un filo: un capo in mano all’ex moglie, l’altro a un medico dell’ospedale cantonale ginevrino. Lo rivela in un film-documentario che uscirà a settembre in Inghilterra, basato sulla biografia scritta Jane: Travelling to Infinity, my Life with Stephen.

«Furono momenti terribili» ci racconta Jane al telefono. «Stephen era in visita al Cern, dovevamo incontrarci in Germania,a Bayreuth, per assistere a un'opera di Wagner; io lo avrei raggiunto in auto con i bambini». Poi però, la telefonata dall'ospedale: un attacco, polmonite. «Mi sono fiondata a Ginevra. Quando sono arrivata da lui, era tenuto in vita da una macchina». Stephen è malato di Sla. Non può più camminare, parlare, respira a stento: l’attacco lo ha paralizzato. Ad eccezione del cervello e di una mano.

«Un medico mi prese in un angolo e mi disse: riportarlo in vita sarà un’impresa, comunque non tornerà mai come prima. Vuole che stacchiamo la spina?». La risposta è immediata: «absolutely not». Assolutamente no. «Non perché credessi che i medici stessero esagerando la gravità della situazione” ricorda Jane. “Ma perché la mia vita fino ad allora era stata dedicata alla sopravvivenza di Stephen. Non potevo prendermi una tale responsabilità». Poi i giorni dell'attesa, al capezzale. “Rimasi a Ginevra circa una settimana, senza mai muovermi dall'ospedale” ricorda. Infine il volo in Inghilterra (con un aereo della Croce Rossa), la tracheotomia, e 30 anni di cure e di scoperte astronomiche che hanno lasciato il mondo a bocca aperta.

«Come aveva detto il medico, niente fu più come prima» racconta Wilde. “Quello fu per me un punto di svolta: il resto è stato tutta una lotta contro la malattia, la nostra casa si trasformò in un ospedale, la vita di coppia in un'assistenza. Non ebbi più tempo né modo di raccontare a Stephen cosa mi aveva detto il medico. Una volta tornata dalla Svizzera, passavo il tempo a scrivere centinaia di lettere a fondazioni e università per raccogliere donazioni per le cure di Stephen. Fosse stato un altro, una persona non famosa, sarebbe già morto da tempo. E il mio “no” non sarebbe servito a niente”.

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