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«Quest'uomo non può difendersi»

Il "re dei ponteggi" è alla sbarra. E il suo avvocato fa leva sui presunti aspetti oscuri dell'atto d'accusa. Invano. Il processo si apre. Con l'imputato sempre sulla difensiva.
Ti-Press (archivio)
«Quest'uomo non può difendersi»
Il "re dei ponteggi" è alla sbarra. E il suo avvocato fa leva sui presunti aspetti oscuri dell'atto d'accusa. Invano. Il processo si apre. Con l'imputato sempre sulla difensiva.

LUGANO - Baffi e capelli grigi, occhiali da vista, maglia nera. Ha 50 anni, anche se ne dimostra di più. Eccolo qui il "re dei ponteggi". Di origini kosovare, parla piuttosto bene l'italiano ma è accompagnato da una traduttrice in grado di spiegargli anche i termini più complessi. Compare in aula, a Lugano, in un martedì mattina di metà novembre. Di fronte a lui la Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Sull'uomo pende una lunga serie di capi d'accusa legata a episodi accaduti tra il 2011 e il 2023 in varie località ticinesi e del resto della Svizzera.

Atto numero tre – Il caso è particolare e complesso, già solo per il fatto che per arrivare a questo processo sono stati necessari ben tre atti d'accusa. I primi due sono stati infatti respinti al mittente. L'uomo era stato in carcerazione preventiva tra il 15 febbraio 2017 e il 2 gennaio 2018, per un totale di 322 giorni. Attualmente vive nel Bellinzonese.

I reati ipotizzati – Bancarotta fraudolenta e frode nel pignoramento, subordinatamente amministrazione infedele aggravata o cattiva gestione. Omissione della contabilità ripetuta, falsità in documenti ripetuta, riciclaggio di denaro ripetuto, frode fiscale ripetuta, impiego di stranieri sprovvisti di permesso ripetuto, minaccia... Sono tanti i reati di cui il 50enne, rappresentato dagli avvocati Marilisa Scilanga e Edy Meli, dovrà rispondere.

Il problema – Reati su cui, stando ai due legali difensori, sembrerebbe esserci un problema di chiarezza. Perlomeno su alcuni aspetti. Ad esempio in merito al numero di persone che secondo la pubblica accusa sarebbero state fatte entrare illegalmente in Svizzera dall'imputato. «Non si capisce quale sarebbe il numero preciso – sostiene l'avvocato Meli –. Una persona può essere accusata di tutto. Ma servono accuse circostanziate. Invece in questo caso l'accusato deve prendere per buone informazioni su cui anche chi ha redatto l'atto d'accusa pare non essere in chiaro».

Richiesta respinta – Meli va oltre: «Vogliamo parlare della questione dei milioni malversati? Si è passati dai presunti 15 milioni a un milione di franchi. Eppure sull'atto d'accusa si fa riferimento a fatture da 10 milioni. Come è possibile? L'imputato non sa neanche di quali fatture deve rispondere. Come fa a difendersi così? Chiedo di stralciare alcuni punti dell'atto d'accusa». Richiesta respinta dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis che replica al legale in maniera ferma. Sulla stessa lunghezza d'onda il giudice Pagnamenta.

«Voglio collaborare» – A quel punto lo stesso giudice si rivolge all'imputato aprendo di fatto il dibattimento vero e proprio. «Voglio collaborare», sostiene il 50enne alla sbarra. L'uomo attualmente lavora ancora nel settore dei ponteggi. Lo fa come dipendente di una ditta. Non è più un "boss" dunque. «Ho tanti debiti – afferma –. Circa 2 milioni di franchi, tutto compreso. Ho preso delle condanne in passato. Ma al di là di queste non ho precedenti. Il mio futuro? Vorrei continuare a lavorare. Non posso fare altro».

Il primo capo d'accusa – Pagnamenta gli domanda che ne pensa dell'accusa di bancarotta fraudolenta e frode nel pignoramento. «Non sono d'accordo con quello che c'è sull'atto d'accusa – replica il 50enne –. Ero proprietario di solo due società. Delle altre ero co proprietario. Io dovevo trovare il lavoro e avevo mansioni organizzative. C'erano anche altri collaboratori che avevano altri compiti. Per gli operai che lavoravano nelle mie ditte ero io ad autorizzare i pagamenti tramite la banca».

Debiti fittizi – La pubblica accusa riferisce di debiti fittizi per oltre 1 milione di franchi. Che posizione assume oggi l'imputato in merito a questa cifra? «Sono passati nove anni. Non ricordo bene», dice l'imputato su esplicita domanda del giudice. E aggiunge: «Non capisco niente di contabilità. E credevo di fare le cose giuste. Avevo un contabile e lo pagavo».

Riciclaggio – Anche sull'accusa di riciclaggio di denaro l'uomo si oppone. «Se per voi è riciclaggio prendere soldi da una ditta e metterli in un'altra ditta allora ho fatto riciclaggio. L'ho fatto per una questione di tempo», afferma con tono polemico.

Cosa facevano le ditte del "re" – Ma che attività svolgevano le singole ditte del "re dei ponteggi"? E come interagivano tra loro? «Si operava sui cantieri – osserva lui –. La maggior parte delle ditte a cui ero legato lavorava per altre ditte. Non c'era una regola sul numero di operai che veniva impiegato. A volte se ne impiegavano 10. Altre 15».

Una giungla di ditte – A un certo punto l'imputato chiede un sorso d'acqua. «Sapete, soffro di diabete», sospira. Al di là del curioso siparietto risulta piuttosto complesso comprendere il microcosmo di aziende in cui si muoveva il 50enne kosovaro. Una vera e propria giungla. Il dibattimento riprenderà nel pomeriggio.

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