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Il male incurabile di Vargas Losa

Al premio Nobel, deceduto ieri, era stata diagnosticata la malattia nel 2020. Lo scrittore lo rivelò solo alla sua famiglia
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Fonte ats
Il male incurabile di Vargas Losa
Al premio Nobel, deceduto ieri, era stata diagnosticata la malattia nel 2020. Lo scrittore lo rivelò solo alla sua famiglia

LIMA - A Mario Vargas Llosa, scomparso lo scorso 13 aprile, era stata diagnosticata una malattia grave e incurabile nell'estate 2020 che il premio Nobel peruviano decise di mantenere nella sfera privata, rivelandola solo alla sua famiglia.

Nonostante la diagnosi, il gigante della letteratura latinoamericana non permise alla malattia di definirlo, continuò a vivere con passione e determinazione, a scrivere, a viaggiare e partecipare a eventi pubblici. E trovò conforto nei suoi cari e nel lavoro, che erano sempre stati i pilastri della sua vita, per poi ritirarsi gradualmente nel 2023 dalla vita pubblica, dedicando gli ultimi mesi a visitare i luoghi che avevano ispirato i suoi romanzi più celebri a Lima.

È quanto rivela oggi El Pais, citando fonti vicine all'autore di 'La festa del caprone' e di 'La città e i cani'. In particolare, una lettera scritta, dopo aver ricevuto la diagnosi, ai suoi figli - Alvaro, Morgana e Gonzalo - in cui gli parlava della sua "malattia grave, nel suo caso incurabile, ma per la quale c'erano trattamenti che potevano ritardare l'esito finale". Una missiva - si segnala - che servì a unirlo ancora di più a loro e a superare i disaccordi familiari sorti nel 2015, quando Il Nobel si separò dopo 50 anni di matrimonio da Patricia Llosa per iniziare una relazione con Isabel Preysler.

Nell'ottobre 2023, dopo l'annuncio che 'Le dedico il mio silenzio' era il suo ultimo romanzo, Vargas Llosa tornò a vivere a Lima, la sua città natale, circondato dai suoi familiari e assistito a casa da un'equipe di medici. E decise di dedicare gli ultimi mesi alle visite agli scenari dei suoi romanzi più celebri: il Collegio Militare Leoncio Prado e l'antico quartiere rosso di Lima, dove ambientò 'La città e i cani'; il carcere di San Juan de Lurigancho, scenario di 'Storia di Mayta'; o anche il bar La Catedral, che ispirò la sua celebre novella 'Conversazione nella Cattedrale'.

Nel marzo dello scorso anno, alla vigilia del suo compleanno, lo scrittore ispano-peruviano era tornato anche nel quartiere di Cinco Esquinas, nel Barrios Altos di Lima, che dà il nome alla novella 'Crocevia' e alla casa dove nacque Felipe Pinglo, che lo ispirò per scrivere 'Le dedico il mio silenzio'.

La sua ultima apparizione pubblica fu in occasione del suo compleanno, circondato dalla sua famiglia. E, anche se la memoria era fragile, la sua mente era rimasta lucida.

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