Rilasciati i due francesi incarcerati a Evin

Condannati a metà ottobre rispettivamente a 20 e 17 anni di carcere per spionaggio per conto dell'intelligence francese e israeliana, hanno sempre sostenuto la loro totale innocenza.
TEHERAN - Cécile Kohler e Jacques Paris, detenuti in Iran dal maggio 2022, «hanno lasciato il carcere di Evin e sono in viaggio verso l'ambasciata francese a Teheran»: è quanto annuncia su X il presidente francese Emmanuel Macron.
«Il dialogo continua per facilitare il loro ritorno in Francia il più rapidamente possibile», aggiunge Macron, esprimendo il proprio «sollievo» per questa notizia auspicata da tempo.
Condannati a metà ottobre rispettivamente a 20 e 17 anni di carcere per spionaggio per conto dell'intelligence francese e israeliana, Kohler e Paris hanno sempre sostenuto la loro totale innocenza.
Il ministero degli esteri di Parigi ha specificato successivamente che Kohler e Paris sono giunti alla residenza di Francia, a Teheran, dove si trovano «in attesa della loro definitiva liberazione».
Più tardi il portavoce del ministero degli esteri Esmaeil Baghaei ha dichiarato che ai due è stata concessa la "libertà condizionale". "I due cittadini francesi, incarcerati per lungo tempo per violazioni della sicurezza nazionale, sono stati rilasciati su cauzione dal giudice incaricato del caso e saranno sottoposti a sorveglianza fino alla prossima fase del procedimento giudiziario", ha spiegato Baghei.
Prof di lettere di 41 anni, lei, insegnante in pensione lui, Cécile Kohler e Jacques Paris, 72 anni, vennero arrestati il 7 maggio 2022, nell'ultimo giorno di un loro viaggio turistico in Iran. Sono stati poi incarcerati nella sinistra sezione 209, riservata ai prigionieri politici del carcere di Evin - lo stesso della giornalista italiana Cecilia Sala, arresta lo scorso dicembre e liberata a gennaio - prima di venire trasferiti in un altro centro di detenzione a giugno, durante la guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran.
Per lungo tempo Parigi ha deplorato condizioni di detenzione "disumane", equiparabili alla "tortura", presentando ricorso dinanzi alla Corte internazionale di giustizia per "violazione del diritto di protezione consolare".



