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MONTECENERITutti assolti per la morte dell’operaio a Sigirino: «Lo hanno ucciso un’altra volta»

30.05.18 - 10:34
La sentenza in Appello ha ribaltato la prima decisione con cui erano stati condannati per omicidio colposo l’ingegnere e il caposciolta. Tristezza e indignazione tra i familiari
TiPress
Tutti assolti per la morte dell’operaio a Sigirino: «Lo hanno ucciso un’altra volta»
La sentenza in Appello ha ribaltato la prima decisione con cui erano stati condannati per omicidio colposo l’ingegnere e il caposciolta. Tristezza e indignazione tra i familiari

MONTECENERI - «Mio zio è morto un’altra volta questa mattina. Non c’è giustizia per i deboli». Sono queste le parole con cui il nipote di Pietro Mirabelli commenta la sentenza in Appello ricevuta questa mattina, che assolve il caposciolta e l’ingegnere responsabile della sicurezza del cantiere AlpTransit in cui il 22 settembre 2010 il 54enne calabrese ha perso la vita.

Per la morte dell’operaio erano stati condannati in prima istanza per omicidio colposo a pene pecuniarie sospese con la condizionale due dei tre imputati: 150 aliquote giornaliere (pari a 25'500 franchi) per l’ingegnere e 90 aliquote (in tutto 2'700 franchi) al caposciolta. Il macchinista addetto alla manovra della perforatrice era invece già stato assolto dall'accusa di omicidio colposo e la Corte ha ora respinto gli appelli del procuratore pubblico e degli accusatori privati, confermandone l’assoluzione.

Ora il giudice della Corte di appello ha ribaltato la sentenza, assolvendo entrambi gli imputati. Il nipote di Mirabelli, a quasi otto anni dalla sua morte, è triste e amareggiato: «Il nostro scopo non era quello di trovare un senso a quello che è stato, perché una persona persa non torna indietro. Ma era mettere un paletto di giustizia alle condizioni di lavoro. Con questa sentenza hanno eliminato una protezione in più per tutti gli altri lavoratori».

Tornando con la mente al 22 settembre del 2010 il nipote del 54enne calabrese non ha dubbi: «Lì è stato commesso un omicidio. Non si lavorava in sicurezza e questo i vertici lo sapevano bene, anzi erano loro a consentirlo. La preoccupazione principale era solo portare avanti il lavoro».

Il minatore - ricordiamo - fu ucciso da un masso staccatosi da un'altezza di sette metri durante i lavori di scavo della galleria. «Io adesso sono veramente deluso e arrabbiato - conclude con la voce strozzata dall’emozione il nipote di Mirabelli -. Mio zio si trovava in Svizzera perché in Italia non gli facevano valere i suoi diritti. L’operaio che è morto è italiano, ma è successo nella “terra della sicurezza”. Ma a questo punto bisogna chiedersi: il lavoro da voi è davvero così sicuro?».

La sentenza - La morte del 54enne non ha un colpevole a causa delle «importanti e gravi» lacune con cui è stata condotta l'inchiesta, nelle ore e nei giorni successivi a quanto accaduto. Secondo la Corte di appello e di revisione penale - presieduta da Damiano Stefani - le lacune iniziali «non hanno consentito di accertare alcunché in merito alle cause del distacco della roccia, rispettivamente alla dinamica esatta della stessa». Secondo i giudici, inoltre, «l’atteggiamento della vittima è risultato a tal punto imprevedibile e straordinario da relegare in secondo piano il comportamento dei prevenuti».

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