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CONFINE17 lavoratori "schiavi", l'imprenditore risiede nel Bellinzonese

08.11.14 - 10:28
Lo svizzero trovato nel gruppo di Germignaga probabilmente fungeva da addescatore di disperati
17 lavoratori "schiavi", l'imprenditore risiede nel Bellinzonese
Lo svizzero trovato nel gruppo di Germignaga probabilmente fungeva da addescatore di disperati

GERMIGNAGA - Era residente nel Bellinzonese l’imprenditore 48enne italiano che, con tre furgoncini con targhe svizzere, ogni mattina partiva da Germignaga per il Ticino portando 17 lavoratori tenuti in condizioni disumane per impiegarli nel Luganese e nel Bellinzonese. Fra questi anche uno svizzero, per il quale si sospetta un ruolo come addescatore di disperati.

Con lui dodici italiani - tra cui una donna di 53 anni trovata in stato confusionale - tre romeni e un polacco, tutti tra i 25 e 55 anni. Gli italiani avevano il permesso di lavoro come frontalieri, mentre gli altri non potevano dichiarare di lavorare per un datore svizzero. Lo riportano La Provincia di Varese e la Prealpina.

Il caso è venuto alla luce quando mercoledì il gruppo è stato trovato in uno stabile fatiscente a Germignaga, in Provincia di Varese. Polizia e Guardia di Finanza sono intervenute pensando di dover salvare alcune persone da un allagamento, dovuto all’esondazione delle acque del Margorabbia, invece sono rimaste sconvolte per quanto hanno scoperto. Il luogo era in condizioni fatiscenti.

L’imprenditore ha diversi precedenti penali per reati fiscali e tributari. In questa circostanza, per cui sono state avviate diverse indagini per verificare tutti gli illeciti, ha aperto in Ticino una sede, di cui era responsabile, per una ditta edile italiana di Potenza.  Il capannone lo aveva preso da gennaio. “Non avevo soldi per sistemarlo, è colpa della crisi”, ha spiegato allargando le braccia alla Polizia. I veicoli sono stati sequestrati.

“I lavoratori non si potevano lamentare - ha spiegato il Vice questore Merchiari, a capo del commissariato di Luino ai quotidiani italiani - sarebbero stati sostituiti. I parenti dell’imprenditore procuravano mano d’opera dal sud Italia. Sapevano di essere abusivi e irregolari, per non essere scoperti, avrebbero rischiato la vita”. Una vera e propria storia di caporalato, con contratti assurdi o in nero e condizioni di vita inumane.

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