
Smartphone da vietare a scuola. Parte il dibattito. Giorgio Fonio, promotore dell'iniziativa: «Fenomeno che non si riesce più a contenere».
LUGANO - La raccolta firme scatterà a settembre. Ma nel frattempo Giorgio Fonio e il suo partito (Il Centro) hanno già lanciato il sasso nello stagno. «Vogliamo che gli smartphone siano banditi dalle scuole elementari e dalle medie», ribadisce. Ma ha davvero senso? Intanto, ed è notizia recentissima, Nidvaldo è il primo Cantone a introdurre un vero divieto in tal senso.
Fonio, la scuola è uno dei pochi luoghi protetti. Perché bandire lo smartphone proprio lì?
«Iniziate a spiegarmi perché un bambino delle elementari debba portare a scuola uno smartphone...»
D'accordo. Ma, insistiamo, a scuola tanto rimarrebbe nello zaino.
«Rispetto a quanto accade in aula, c'è sempre un prima e c'è sempre un dopo. C'è un tragitto tra casa e scuola, e viceversa. È in un simile contesto che si verificano tanti episodi di cyberbullismo. Ai tempi quando venivi bullizzato, andavi a casa e ti sentivi perlomeno di vivere una tregua come magra consolazione. Adesso col telefonino è una persecuzione unica. Tutto viaggia in rete, non c'è nemmeno più quella tregua simbolica».
La vostra iniziativa suona come una resa. Come ad ammettere che la famiglia, in quanto organo educativo, ha fallito.
«È così. Abbiamo fallito come società. Non siamo più in grado di gestire l'avanzata della tecnologia. Siamo travolti. Lo dicono gli indicatori di salute dei ragazzi: dal 2012 a oggi, secondo gli esperti, sono tragicamente peggiorati. Per questo servono dei punti fermi».
Vietare il cellulare a scuola sembra un po' come cercare di svuotare il mare con un cucchiaio.
«Si deve iniziare da qualche parte. La scuola è un'istituzione. Lancia un messaggio forte anche ai genitori».
Già nel 2017 vi eravate occupati della questione. All'epoca qualcuno vi guardò storto. Oggi non pare più essere così.
«Sono passati tanti anni. Ed è radicalmente cambiata la sensibilità sul tema. Adesso non c'è più solo il problema del cyberbullismo, tra l'altro. C'è anche una sorta di assuefazione, di dipendenza su cui dobbiamo riflettere tutti».
Lo smartphone può essere usato anche in modo sano. Ci sono famiglie che magari hanno bisogno di essere in contatto coi figli. Non vi sembra di mettere tutto in un unico calderone?
«Non siamo estremisti. Ci sono casi e casi. Se ci sono situazioni circostanziate, vanno valutate ovviamente. In ogni caso, le statistiche ci indicano che i giovani usano lo smartphone per telefonare in media solo sette minuti al giorno».
Pochissimo.
«Questo significa che per tutto il resto del tempo lo utilizzano per fare altro. Giocare, chattare, fare video, fare foto, stare sui social».
Cervelli sempre più annebbiati?
«Sì. Il loro cervello è costantemente immerso in una fruizione passiva di questo strumento. È ora di dire basta».
E se un genitore proprio vuole fare in modo che suo figlio sia reperibile o possa telefonargli in caso di bisogno?
«Non serve che il giovane vada a scuola con uno smartphone da 1'500 franchi. Ci sono altre possibilità».