Quanta amarezza per gli artisti: «Pagati a progetto, anche noi vittime del coronavirus»

Lo sfogo amaro del regista Erik Bernasconi: «Chiusi in casa, senza guadagni. E con gente che dice che "non lavoriamo"».
«In un periodo come questo le persone guardano film, leggono libri, ascoltano musica – ricorda la mente di "Sinestesia" –. È proprio ora che bisogna capire quanto è importante sostenere la cultura».
«Ce la siamo scelta noi questa condizione di vita. Ma ora siamo più precari che mai. E c’è preoccupazione». Lo sfogo è di Erik Bernasconi, regista e sceneggiatore. Colui che nel 2010 diresse “Sinestesia”, film che ottenne applausi e successi. Bernasconi è confrontato con la crisi economica dovuta al Covid-19. E si fa portavoce di chi, come lui, si occupa di cultura, di arte. «Leggendo alcuni post sui social – ammette – si intuisce che secondo parte della gente noi siamo persone che “non lavorano”».
Qual è il suo sentimento?
«Sono amareggiato. È chiaro che non possiamo essere messi sullo stesso piano di chi lavora in prima linea negli ospedali, o di chi è malato di coronavirus. Ci mancherebbe altro. Però è proprio in un periodo come questo che la gente dovrebbe ricordarsi di quanto sono importanti l’arte e la cultura».
In che senso?
«Le persone devono stare a casa. Imperativamente. E allora leggono libri, guardano film, ascoltano musica. Per far sì che esista ancora un’identità culturale, bisognerà fare in modo che ci sia ancora e sempre un aiuto alla cultura. Io spero che, usciti da questa crisi, ci si ricordi che c’è una fascia di popolazione precaria. Di cui facciamo parte anche noi».
Berna di recente ha comunicato di volere stanziare 250 milioni di franchi per la cultura. Non è contento?
«Sì. Ma poi dipende come verranno distribuiti. Ci sono persone che comunque saranno impossibilitate ad accedere a questi sussidi. Tanti artisti lavorano a progetto. Oppure hanno contratti particolari. Basta dare un’occhiata ai formulari delle richieste di sostegno per rendersi conto che alcuni si ritroveranno in difficoltà. I formulari sono standard e non contemplano tutte le eccezioni che fanno parte del nostro mondo. Quello che sto dicendo vale anche per altri lavoratori attivi in altri settori».
Di recente, proprio su Facebook, lei ha sostenuto l’idea di un “reddito di quarantena”. Ci crede davvero?
«Sì. Credo nella possibilità di una misura che assicuri a tutti i lavoratori impossibilitati ad accedere ad altri aiuti, di arrivare almeno a un minimo mensile per pagare affitti, bollette e cibo».
Personalmente come sta vivendo queste giornate?
«Sono ingabbiato. Posso progettare, sceneggiare, scrivere. Però dovrei passare all’atto. E non lo posso fare. Perché non si può uscire. Resto però fiducioso. Riapriranno i cinema, i teatri, ricominceranno i concerti. Ma lo Stato dovrà aiutare anche le persone che stanno dietro a queste strutture e che contribuiscono a creare il materiale che va in scena».




Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.
Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.
Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!