Per estirpare le piante infestanti il Cantone spende quasi 200mila franchi all'anno. Il coordinatore del progetto spiega che si tratta anche di un’opportunità per le persone da tempo disoccupate
BELLINZONA - Hanno nomi da Settimana enigmistica ed effetti assai poco simpatici. Poligono del Giappone, Ambrosia, Ailanto, Pueraria lobata (altrimenti detta Kudzu), Palma del Giappone sono le piante invasive e d’importazione che minacciano non solo la biodiversità, ma strade, argini di fiumi e tralicci elettrici. Per fermare la “giungla” il Canton Ticino spende ogni anno migliaia di franchi: la lista delle commesse pubbliche, appena pubblicata, elenca mandati a Caritas Ticino per oltre 185 mila franchi.
A Caritas? - È il lato sociale, quello meno conosciuto, della battaglia condotta dal Gruppo di lavoro organismi alloctoni invasivi, un team interdipartimentale coordinato da Mauro Togni del Dipartimento del territorio. La premessa è che «questi organismi causano danni di vario tipo. Non solo alla biodiversità, ma anche alle infrastrutture pubbliche la cui stabilità viene messa in pericolo da queste piante che hanno ritmi di crescita assai superiori alle specie autoctone». L’estirpazione delle neofite, che ha un costo, evita di dover rimediare a danni spesso più onerosi.
La formazione - Ma non è un’operazione semplice, richiede tecnica, formazione e braccia. Da qui i mandati a Caritas Ticino e L’Orto di Muzzano (i partner della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie nei programmi di reinserimento) : «Il progetto ha coinvolto così le persone in assistenza, in particolare i disoccupati di lungo periodo, dando vita a due squadre con un organico variabile dalle 4 alle 10 persone - spiega Togni -. Già in avvio sono state tolte due persone dalla disoccupazione, nominandole capisquadra». Trattandosi di un lavoro particolare questo programma di occupazione temporanea ha una durata più lunga (un anno rispetto ai 6 mesi) per seguire la stagione vegetativa. «In parallelo viene fatta una formazione in classe per dare ai partecipanti delle conoscenze sulle neofite».
Nuovi progetti - Anche i Comuni dimostrano sempre più interesse per la lotta alle invasive (tra l’altro i mandati cantonali finora hanno privilegiato partner pubblici che contribuissero finanziariamente ai progetti). Nel Sopraceneri ci si crede un po’ di più, ma anche nel Sottoceneri l’impegno cresce: «Ci sono diversi progetti in avvio nella valle del Cassarate, a Lugano in varie zone». Tra le vittorie il coordinatore cita quella sul Poligono del Giappone che infestava il riale Orino in Val Malvaglia: «Dopo due anni di interventi, assieme al locale Consorzio, abbiamo restituito la sponda del fiume alle persone. La collaborazione è il solo modo per vedere la luce in fondo al tunnel». Pagante è la costanza su terreni che di volta in volta danno meno filo da torcere: «In Val di Blenio in cinque anni, investendo grossomodo la stessa cifra annua, abbiamo decuplicato la superficie d’azione».
Il reintegro di persone - La battaglia alle invasive non si misura però solo in metri quadrati riconquistati, altrettanto importante è l’aspetto umano: «Sembreranno cifre piccole ma in un lustro abbiamo reintegrato una mezza dozzina di persone, di cui quattro hanno trovato lavoro nel ramo del verde». Inoltre, sottolinea Togni, «il progetto rimette in moto individui fermi da più di due anni. È un recupero importante della routine nel mondo del lavoro». Eradicare piante, ma ritrovare radici nella società.