La storia di Lisa Comendulli, giovane mamma di Mendrisio che ha deciso di comprare casa in provincia di Varese. Il marito farà il frontaliere. «In Ticino è tutto troppo caro»
MENDRISIO- Per Lisa Comendulli, mamma di Mendrisio, la provocazione di Germano Mattei è una scelta di vita. «I giovani ticinesi dovranno trasferirsi in Italia e lavorare in Ticino per sopravvivere» ha detto nei giorni scorsi il parlamentare di Montagna Viva. Ed è proprio quello che Lisa, assieme al marito (operaio) e i due figli di 4 e 2 anni, hanno intenzione di fare. «Ci abbiamo pensato per un anno, poi abbiamo deciso» racconta la 25enne. «Da due mesi abbiamo iniziato a cercare casa, abbiamo preso contatti con una banca per un mutuo, a settembre spero di poter iscrivere il figlio più grande in una scuola italiana».
I conti in tasca - Il motivo? «Con un solo stipendio, per quanto decoroso, l'affitto da pagare e la cassa malati, arriviamo a fine mese senza 100 franchi da parte» racconta la mamma. «Così non saremmo andati da nessuna parte». Il conto è presto fatto: un affitto di 1400 franchi «in un quartiere popolare», la cassa malati «sempre più cara», gli assegni prima infanzia decurtati: Lisa è stata la prima firmataria di una petizione popolare contro i tagli, bocciata dal Granconsiglio l'anno scorso. «Da cittadina, ho provato a cambiare la situazione» afferma la 25enne. «Ho fatto di tutto per non andarmene, ma non ho altra scelta».
Il sondaggio - Lisa non è un caso isolato. È quanto emerge, almeno, da un sondaggio social condotto tra gli iscritti all'Associazione Ticino&Lavoro. Alla domanda “I giovani ticinesi lavoreranno in Svizzera e abiteranno in Italia?” quasi uno su tre (il 29 per cento) ha risposto che sì, lo farebbe. Il 57 per cento, invece, pensa che la soluzione migliore sia andare a lavorare all'estero o oltre Gottardo.
«Tante segnalazioni» - «Riceviamo molte segnalazioni di ticinesi (la condizione per essere iscritti all'associazione, è risiedere nel Cantone, ndr.), soprattutto giovani, che faticano ad arrivare a fine mese» spiega il portavoce Giovanni Albertini. «Lo squilibrio tra le paghe e il costo della vita spinge molti a valutare il frontalierato come opzione, specie chi non parla il tedesco e ha quindi difficoltà a cercare lavoro in Svizzera interna». A frenare molti, sono i dubbi sulla qualità della vita. Secondo Lisa però «ci sono molti preconcetti su servizi come la sanità o la scuola italiana». Il problema, in ogni caso «si risolverebbe eventualmente rivolgendosi a strutture private, che potremmo permetterci risparmiando sul resto» conclude la giovane mamma.