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L’OSPITE - ARNO ROSSINIMigliore del secolo? C'è il "Senhor" di Setúbal

24.02.21 - 12:00
Arno Rossini: «I trofei pesano, ma se uno ti paga lo stadio...».
Imago
Migliore del secolo? C'è il "Senhor" di Setúbal
Arno Rossini: «I trofei pesano, ma se uno ti paga lo stadio...».
«Uno come Hiddink l’avrei messo nella top five degli allenatori più bravi».
CALCIO: Risultati e classifiche

LONDRA - José Mourinho è il migliore allenatore di questo secolo. Meglio di Löw, Ferguson, Guardiola, Wenger (questa la top five), Ancelotti, Bielsa, Simeone, Capello o Lippi, giusto per citare qualche altro grandissimo. La sentenza non è nostra - ci mancherebbe - ma della Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio, che ha tradotto in una classifica “totale” quelle annuali stilate dal 2001 al 2020. 

Graduatorie non basate su un sistema oggettivo di punteggi sono sempre difficili da leggere. E da accettare. Sono infatti molti quelli che non si sono trovati d’accordo su quanto sancito dalla IFFHS. Davvero il Senhor di Setúbal è meglio del Pep catalano o degli altri illustri colleghi?

«I trofei pesano - è intervenuto Arno Rossini - e di trofei negli anni Mourinho ne ha vinti parecchi. A livello nazionale e internazionale. Quelle Champions con Porto e Inter…».

Oltre a quelli già citati, la classifica comprende pure Del Bosque, Simeone, Deschamps, Bielsa, Hiddink, Scolari e Benitez. Contasse la bacheca, ci sarebbe per esempio Max Allegri, che ha vinto (tanto) con la Juve e anche con il Milan.
«Allora riformulo: i trofei pesano. Ma non sono tutto. Tra i migliori cinque, infatti, io avrei inserito Guus Hiddink». 

Uno che, dal 2001 in avanti, a parte qualche sussulto con il PSV ha gioito pochino.
«Ma ha saputo insegnare calcio a tutti i livelli e in quasi tutti i continenti. Ha guidato selezioni non certo di primissima fascia e le ha portate in alto. Ricordate, per esempio, la Corea del Sud dei Mondiali 2002?».

Una squadra che ha goduto di arbitraggi al limite dell’osceno?
«La spinta “politica” fu evidente, è vero. Quel gruppo però riuscì a giocare un bel calcio. Velocità, tocchi di prima, tagli… diede un antipasto di quel che poi, qualche anno dopo, il Barcellona rese grande. Fu favorita? Tantissimo. Ma se sei scarso, pure se fischiano in tuo favore tu non vinci. Come squadra, come insieme, quella Corea invece era tutt’altro che scarsa. Eppure di grandi individualità ne ricordo molto poche. I meriti di quell’exploit furono tutti di Hiddink. Lo fecero lavorare, lasciò un’impronta». 

Il segreto è quello: avere alle spalle una Federazione o una società che ti supporta?
«Certo, chiaro. Se hai le spalle coperte allora puoi mostrare il tuo vero valore. E a emergere sono quelli che hanno personalità, vedono e sanno spiegare il gioco e, ultimo ma importantissimo, sanno gestire uno spogliatoio».

Quindi, se abbiamo capito bene, per ambire all’Olimpo devi essere un vincente o un formidabile maestro di calcio?
«Esatto, le strade sono due e diversissime. C’è il gestore, al quale si chiedono i risultati, e il formatore, al quale si chiede di far crescere i calciatori. E di far fare soldi al club: serve far quadrare il bilancio. Altre opzioni non ci sono».

Tra i tecnici citati, chi appartiene alla prima “scuderia”?
«Facile: quelli che hanno alzato più trofei, tenendo comunque sempre conto del valore delle rispettive squadre: Mourinho, Löw, Ancelotti, Del Bosque, Simeone, Deschamps, Capello, Scolari e Lippi».

Rimangono i formatori Ferguson, Guardiola, Wenger, Bielsa, Hiddink e Benitez. Giusto?
«Più o meno. Sir Alex, Pep e Benitez sono secondo me eccellenti in entrambi i campi. Il primo Ferguson, come anche il primo Guardiola, ma anche Rafa, all’inizio hanno fatto gli insegnanti. Hanno fatto valere le loro idee e, riuscendo comunque a vincere, sono stati in grado di rendere grandi giocatori altrimenti normali. Poi, cominciato a lavorare in club ricchi, hanno approfittato della forza sul mercato per assicurarsi i campioni. E hanno continuato a ottenere grandi numeri». 

Di Hiddink hai già parlato. Rimangono Wenger e Bielsa.
«Due professori. Altro da aggiungere? Ah sì, pur rimanendoci una vita, all’Arsenal Arsène ha vinto poco. Però, oltre a mantenere competitiva la squadra, con il suo lavoro - valorizzando giovani e rivendendoli - il francese ha praticamente pagato l’Emirates Stadium».

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