Lo chiede un’iniziativa cantonale presentata dal PPD dopo che il Consiglio federale ha consigliato di respingere la mozione di Fabio Abate
BELLINZONA - Il salario minimo costituisce a tutti gli effetti una misura che consente di contrastare, almeno in parte, gli effetti negativi della libera circolazione. Ne è convinto il PPD, che ha presentato oggi un’iniziativa cantonale affinché i salari minimi vengano applicati anche ai lavoratori distaccati.
L’iniziativa nasce a seguito della proposta da parte del Consiglio federale di respingere una mozione di Fabio Abate. Il Consigliere agli Stati chiedeva di incaricare il governo federale di presentare una modifica dell'articolo 2 della normativa sui lavoratori distaccati. L’obiettivo era che questa prevedesse «la possibilità di imporre ai datori di lavoro esteri che distaccano i propri lavoratori in Svizzera anche il rispetto delle condizioni salariali minime prescritte in una legge cantonale».
Secondo il PPD, qualora i Cantoni decidessero di applicare il salario minimo ai lavoratori distaccati - prevenendo l’impoverimento del mercato del lavoro ticinese -, dovrebbero avere la possibilità di attuare questa decisione.
«L’esclusione dei lavoratori distaccati dall’ambito di applicazione del salario minimo cantonale rischia, almeno in Ticino - si legge nell’iniziativa cantonale -, di vanificarne lo scopo stesso, ovvero consentire a tutti i lavoratori di avere un tenore di vita dignitoso». Per il PPD si tratterebbe infatti di «un incentivo economico a far capo a lavoratori distaccati a scapito dei lavoratori residenti».
L’iniziativa cantonale - firmata da Fiorenzo Dadò (primo firmatario), Maurizio Agustoni, Giorgio Fonio e Marco Pasella - chiede pertanto che sia prevista la possibilità di imporre ai datori di lavori esteri che distaccano i propri lavoratori in Svizzera il rispetto delle condizioni salariali minime prescritte in una legge cantonale.