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LUGANO / ASCONA«Dovevo arraffare gli orologi, ma poi mi sono sentito in colpa»

30.05.17 - 17:32
Nel processo per la rapina di Ascona, gli imputati forniscono la loro versione dei fatti. Anche per quanto riguarda un primo tentativo del luglio 2016
Rescue Media
«Dovevo arraffare gli orologi, ma poi mi sono sentito in colpa»
Nel processo per la rapina di Ascona, gli imputati forniscono la loro versione dei fatti. Anche per quanto riguarda un primo tentativo del luglio 2016

LUGANO - «Non sapevo che venivo in Svizzera per mettere a segno una rapina, sono stato ingannato». Così uno degli imputati, che con i suoi venticinque anni è il più giovane del gruppo, fornisce la sua versione sul colpo del 5 agosto 2016 ai danni della gioielleria Herschmann di Ascona. Un colpo che gli avrebbe dovuto fruttare una ricompensa di diecimila euro. Davanti alla Corte delle Criminali, presiedute da Amos Pagnamenta, si riapre quindi con la ricostruzione dei fatti locarnesi il processo nei confronti dei sei lituani accusati di tre rapine in Svizzera.

Il venticinquenne si è costituito - Quel giorno il venticinquenne aveva preso parte al colpo. «Sono entrato nel negozio per ultimo, avevo il compito di arraffare gli orologi, non di minacciare le persone» spiega. Dopo essersi disfatto della refurtiva, si era poi consegnato alla polizia. «Mi sono sentito colpevole – sostiene – perché avevo commesso un reato».

Commesse intimorite e legate - La parola passa dunque al ventiseienne e al trentunenne che pochi mesi prima avevano già partecipato alla rapina di Olten (vedi correlati). «La proposta mi era giunta dalla stessa persona, stavolta mi era stata promessa una percentuale del bottino» spiega in aula il più giovane. L’altro, che aveva con sé una pistola giocattolo e aveva acquistato tre biciclette per la fuga, avrebbe invece dovuto accontentarsi della somma ricavata dalla vendita della merce. Il trentunenne era dunque entrato per primo nel negozio, mostrando la pistola. «Ma credo che le commesse non l’abbiano nemmeno notata». Dopo di lui era arrivato il ventiseienne, che aveva legato le persone presenti e danneggiato la videosorveglianza.

Il tentativo di luglio – Il colpo alla gioielleria Herschmann di Ascona è stato messo a segno il 5 agosto del 2016. Tre di loro avevano però l’intenzione di provarci già a luglio. Ma loro non ci stanno: «Avevamo fatto un sopralluogo, ma avevamo visto che nel periodo estivo c’era troppa gente, non era possibile» spiega uno di loro. Nella loro auto le autorità avevano trovato tutto il necessario per entrare in azione, tra cui anche una planimetria del negozio. «Ma eravamo qua solo per dare un’occhiata» ribatte un altro. Una versione che lascia perplessa la Corte: «Avete percorso migliaia di chilometri solo per dare un’occhiata?»

Il colpo di Losanna – «Ero in una situazione finanziaria difficile, avevo contattato un conoscente per sapere se c’era la possibilità di guadagnare un po’ di soldi». L’imputato di 31 anni che deve rispondere anche di una rapina messa a segno nel 2014 a Losanna racconta di come era stato coinvolto. «Mi era stato chiesto se ero disposto a impacchettare una signora, in modo che non chiamasse la polizia». Un lavoro per il quale gli erano stati promessi 15'000 euro, ricevuti dopo la rapina. Una rapina che aveva tra l’altro fruttato un bottino di quasi un milione di franchi.

Domattina la parola passerà alle parti. Il processo riprenderà dunque alle 9.30 con l’intervento della procuratrice pubblica Chiara Borelli. In seguito parleranno gli avvocati difensori Niccolò Giovanettina, Cristina Clemente, Franco Janner, Sandra Xavier, Olivier Ferrari e Felice Dafond.

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