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L'OSPITEI cervi ed il complesso di Bambi

11.07.15 - 09:20
di Andrea Stephani
TIPRESS
I cervi ed il complesso di Bambi
di Andrea Stephani

Negli scorsi giorni, su alcuni giornali, sono comparse le prese di posizione e le puntualizzazioni del comitato distrettuale dei cacciatori del Mendrisiotto (GdP, giovedì 9 luglio 2015), di Adriano Zanini granconsigliere "agricolo" e di Rudy Studer, viticoltore e presidente di Federviti (L'Informatore, venerdì 10 luglio 2015) in merito alla riapertura della caccia al cervo sulle pendici del Monte San Giorgio e al conseguente referendum indetto dai Verdi del Ticino al fine di evitare l'abbattimento di questi incolpevoli animali.

A nome della sezione dei Verdi del Mendrisiotto, mi permetto alcune considerazioni su quanto letto di recente. Innanzitutto nessuno punta il dito né contro i cacciatori - anche se preferiremmo una caccia selettiva, la campicoltura, e non una caccia generalizzata - né contro gli agricoltori ed i viticoltori della Montagna, quest'ultimi confrontati giornalmente alla convivenza forzata con questi intraprendenti animali. Come Verdi, siamo consci del fatto che la riapertura della caccia è stata reclamata a gran voce dagli operatori del settore primario per tutelarsi contro le scorrerie dei cervi. Sappiamo altresì che il numero dei capi sul San Giorgio è aumentato vertiginosamente negli ultimi anni e che la salute stessa dei cervidi è minacciata da un sovraffollamento che li spinge a tentare di introdursi nei campi e nei vigneti scavalcando gli alti recinti elettrificati e, purtroppo sempre più spesso, rimanendo intrappolati in agonia.

Tuttavia, non possiamo condividere l'impostazione delle autorità cantonali che, di fronte ad un problema complesso quale la preservazione della fauna locale e del suo habitat, propone soluzioni tardive, evitabili e miopi. Tardiva perché la tematica della convivenza con gli ungulati è figlia dello sfruttamento sconsiderato del nostro territorio, della mancanza di pianificazione, della cementificazione e di una smania edificatoria compulsiva che hanno portato all'isolamento delle zone verdi e di montagna del Distretto di Mendrisio. Evitabile perché, così come viene fatto negli altri paesi dell'Europa centro-settentrionale, si sarebbe potuto prevedere il mantenimento di corridoi ecologici che collegassero tali zone, consentendo così alla fauna di compiere i propri spostamenti senza intralciare le attività dell'uomo. Miope perché l'abbattimento è una soluzione definitiva solo per i cervi morti, mentre invece non risolve né il problema del sovraffollamento futuro del Monte San Giorgio né quello delle condizioni sanitarie degli ungulati.

La decisione di indire un referendum sulla riapertura della caccia è, a mio avviso, un'ottima occasione per tutte le parti coinvolte. Come Verdi non vogliamo fare leva sul "complesso di Bambi" (ovvero il tentativo di mendicare delle firme sfruttando il cuore tenero della popolazione), bensì desideriamo che la tematica venga discussa in maniera più approfondita, al fine di vagliare tutte le possibilità e trovare una soluzione maggiormente sostenibile, lungimirante e conforme ad un rapporto sano tra uomo e natura. Nell'interesse di tutti - ed in particolare di agricoltori e viticoltori - auspichiamo che si possa andare oltre l'equazione più cervi = più danni = più abbattimenti, abbandonando un'agghiacciante logica consumistica applicata agli animali che potremmo riassumere con la frase di un celebre film: "Tu sei il male, io sono la cura".

di Andrea Stephani,

co-coordinatore I Verdi del Mendrisiotto

 

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