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REGNO UNITOMay ha la "data di scadenza". Un britannico su due la vuole «fuori»

11.06.17 - 21:33
La premier ha nominato oggi un nuovo fragile governo. Boris Johnson nel frattempo nega le sue mire sulla leadership del partito
Keystone
May ha la "data di scadenza". Un britannico su due la vuole «fuori»
La premier ha nominato oggi un nuovo fragile governo. Boris Johnson nel frattempo nega le sue mire sulla leadership del partito

LONDRA - Una «premier a tempo» per alcuni, per altri «una morta che cammina». Theresa May le prova tutte per la sua sopravvivenza politica a Downing Street e oggi ha nominato un nuovo governo, in pratica appuntato con lo spillo: ormai messa sotto tutela e con un potere molto limitato dopo la figuraccia elettorale ha spostato le poche "pedine" che può muovere e riconfermato molti dei ministri che già aveva.

Sceglie come suo braccio destro Damian Green, ex ministro del Lavoro e nuovo First Secretary of State, una sorta di vice premier, e a sorpresa ripesca Michael Gove per l'ambiente. E tenta, con enormi difficoltà, di resistere alle trame interne ai Tories e al leader laburista Jeremy Corbyn che rilancia la sua alternativa di governo con tanto di piano d'azione. Ma il giudizio dei britannici non le lascia speranze: secondo due sondaggi la maggioranza degli elettori non la vuole più alla guida del Paese.

Il nuovo esecutivo è nei fatti l'esito di un rimpasto. Dopo che sono stati confermati i cinque ministri chiave restano al loro posto anche il titolare al Commercio internazionale Liam Fox (il terzo ministro più brexiter insieme a Boris Johnson e David Davis), quello alla Sanità Jeremy Hunt, quello delle Comunità locali Sajid Javid, mentre perde la sua poltrona alla Giustizia Liz Truss, 'degradata' a vice ministro del Tesoro e sostituita da David Lidington. Come dicono gli osservatori May è quindi 'prigioniera' del suo consiglio dei ministri e le sue possibilità di azione saranno quindi ridotte, sempre che riesca a sopravvivere a lungo. Come sottolineano in molti, fra cui l'ex Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, che la dà per spacciata parlando di «una morte che cammina».

Un britannico su due - I britannici dal canto loro hanno già deciso: secondo due rilevazioni, una di YouGov e l'altra di Survation, rispettivamente il 48% e il 49% del campione la vuole fuori da Downing Street. Cresce invece a livelli record la popolarità del leader laburista Jeremy Corbyn che in uno scontro a due con la May sulla scelta del premier ha la stessa percentuale di gradimento: 39%. E lui intanto appare sempre più fiducioso e ministeriale, in una posizione di vantaggio nella quale può solo rafforzarsi in attesa che fra i conservatori si arrivi alla resa dei conti finale.

I presupposti ci sono tutti, anche se il ministro degli Esteri Boris Johnson nega le sue mire sulla leadership del partito e tenta di mostrare a tutti la sua fedeltà alla premier, il malcontento è troppo diffuso e ci sarebbero almeno cinque ministri che si sono rivolti a lui per sostenere una sua scalata al vertice. Quindi Corbyn attende con pazienza e determinazione con un piano già nella sua mente di cui ne ha parlato alla Bbc. È pronto a invitare gli altri partiti all'opposizione a votare contro il nuovo governo May e ad approvare invece un «emendamento sostanziale» al discorso della regina (Queen's Speech) coi punti principali del programma Labour, fra cui una Brexit, a tutti gli effetti "soft", che tuteli i posti di lavoro, politiche in favore dei giovani e contro l'austerity. Non solo, vuole anche eliminare il titanico progetto conservatore del "Great Repeal Bill", la legge destinata a sottrarre il regno alla giurisdizione europea, e invece negoziare con Bruxelles un accesso senza tariffe al mercato europeo prima di compiere un intervento legislativo.

Un accordo non scontato - Oltre a tutti questi problemi per la May, anche il tanto desiderato accordo "della salvezza" con gli unionisti del Dup per raggiungere una maggioranza ai Comuni e governare non è dato per scontato. I colloqui proseguono mentre il ministro della Difesa Michael Fallon mette le mani avanti dicendo che l'intesa sarà solo sui «grandi argomenti» perché ci sono molte differenze fra i due partiti, in particolare rispetto alla visione intransigente del Dup contro i matrimoni gay. Come se non bastasse arriva il monito del premier irlandese uscente Enda Kenny, preoccupato per questa 'alleanza' Londra-Belfast perché potrebbe mettere a rischio gli Accordi di Pace nell'Ulster.

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