Il presidente del Partito Socialista, Igor Righini, ritiene sbagliata la politica fiscale a favore di aziende e persone benestanti: «Così la società rischia il disequilibrio»
BELLINZONA - Meno imposte per i ricchi e per le aziende. Austerity per tutti gli altri. E' questa, in sintesi, la politica finanziaria del Governo cantonale per arrivare al pareggio di bilancio entro il 2019.
La ricetta non è nuova. Fa parte di una ideologia, definita «neoliberista», che da una trentina d'anni sta mettendo in discussione il principio di Stato sociale.
«Trent'anni fa, quando ero ragazzo, lavorai in fabbrica d'estate per un mese. Mi portai a casa ben 3.400 franchi. Gli operai arrivavano a guadagnare 4.000 franchi e oltre. Oggi sono salari che ti puoi scordare, in un contesto in cui il costo della vita è aumentato di molto», commenta Igor Righini, gettando lo sguardo ad un passato in cui «sicuramente lo Stato sociale era più forte».
Il presidente del Partito Socialista ora, però, guarda ad un futuro che si prospetta meno roseo per le classi meno abbienti, in una Svizzera dove «più del 13% della popolazione è a rischio povertà». «E' uno scandalo che in un Paese ricco come la Svizzera vi sia una parte così importante della popolazione in difficoltà», osserva il presidente di un PS ticinese che si oppone apertamente alla politica finanziaria ribadita dal Consiglio di Stato al termine dei due giorni di clausura al Kurhaus di Cademario.
Presidente Righini, perché il Partito Socialista contesta la decisione di abbassare le tasse a chi guadagna di più?
«Perché non è giusto concedere agevolazioni fiscali a delle persone facoltose che hanno tutte le possibilità di dare di più non solo a loro stessi, ma alla società in cui vivono. Sgravarli fiscalmente significa rinunciare a risorse preziose. Senza queste risorse lo Stato avrà una capacità inferiore nel far fronte ai bisogni dei ceti meno abbienti».
Eppure la formula è semplice: meno tasse alle aziende e ai ricchi, più lavoro e creazione della ricchezza
"E' la favola che raccontano in molti, Berlusconi compreso. In verità, la storia insegna, le cose non vanno così».
Ma allora perché il principio di giustizia sociale affascina poco l'elettorato?
«Questo principio è entrato in crisi con la forza di contrasto della destra e del grande capitale, che insieme riescono ad avere un impatto molto forte a livello mediatico. Noi socialisti continuiamo a ribadire i nostri concetti, ma poi c'è la destra, forte economicamente, che ci contrasta e può contare di persone che sanno il fatto loro. In tutti i casi lo Stato sociale non perde sempre. Il risultato della votazione del 5 giugno contro la modifica della Legge sull'Ente Ospedaliero Cantonale ha dimostrato che in Ticino lo Stato sociale è radicato e ritenuto importante. Per quanto riguarda la fiscalità, occorre muoversi intelligentemente contro la destra che vuole uno Stato debole e una fiscalità all'osso».
In Ticino la disoccupazione è al 3,1%, ma sono in molti a non credere a questi dati. Perché sono in tanti ad essere scettici?
«I dati sulla disoccupazione sono forniti dalla Seco e direi di prenderli con le pinze. Anche perché a fronte di questi numeri, ve ne sono altri che parlano di una forte disoccupazione giovanile ed una povertà al 13%. Uno scandalo per un paese ricco come la Svizzera. Se poi consideriamo che in Ticino sono in molti a prendere non più di 3.000 franchi al mese e più della metà della popolazione vive con meno di 5.000 franchi al mese...».
E allora, che fare?
«Lo Stato deve continuare ad avere la forza di aiutare chi ha bisogno. Non dobbiamo farci sfuggire di mano la situazione. Aumenta la povertà e noi cosa facciamo? Privilegiamo fiscalmente chi ha di più. E quindi succederà che, alla fine, lo Stato andrà a prendere i soldi dal ceto medio, che più rischia l'impoverimento».
A quel punto che succederà?
«Succederà che ci saranno più poveri e per fare funzionare lo Stato sociale sarà sempre più complicato. Tagliare lo stato sociale significa avere una società in disequilibrio. Perché più che equilibrare le finanze dobbiamo ricordarci di equilibrare la società. E questo non è un compito solo dei socialisti, ma è una responsabilità di tutti i partiti e di tutti i cittadini iscritta nella Costituzione federale».